Corriere 1.5.16
«Io, teologo, quasi prete e gay. Lavorare nello staff di Matteo sarà come tornare in seminario»
intervista di Pierpaolo Velonà
Bologna
Cattolico lo è ancora. Seminarista non più. «Dovevo diventare sacerdote
ma ho capito che non era la mia strada». Nel futuro di Benedetto
Zacchiroli, classe 1972, consigliere comunale a Bologna, una laurea in
Teologia, c’è l’ingresso nello staff di Matteo Renzi. Forse da capo. Ma
Zac, come lo chiamano gli amici, non si sbilancia: «Vedremo, Renzi mi ha
chiesto di collaborare, il decreto con le nomine arriverà in
settimana».
Non è scaramantico, Zacchiroli, ma conosce le porte
girevoli della politica. Intanto si è ritirato dalla corsa per il
Consiglio comunale.
A Bologna, dov’è nato e cresciuto, vanta
relazioni ed esperienze eterogenee. La gavetta in Curia, la militanza
nei Girotondi, amicizie in ambienti confindustriali, l’ordinazione a
diacono con il cardinale Biffi. «Lavorare con Renzi sarà come tornare in
seminario — dice — l’emozione è la stessa».
La svolta per lui
arriva 2004, con la nomina a consigliere per gli Affari internazionali
del sindaco Cofferati: «Da Sergio — dice — ho imparato molto su come si
come fa politica e molto su come non si fa». Finita l’era Cofferati,
l’ex diacono vola in Brasile, «ministro degli Esteri» del Comune di
Fortaleza. Com’è possibile? «Semplice — racconta —. Avevo conosciuto la
sindaca in una serie di occasioni e mi ha chiamato».
L’amicizia
con Renzi, a dirla tutta, precede il renzismo. Risale al 2007. «Ci
incontrammo a una cena a Firenze dopo un concerto di Lucio Dalla. Me lo
presentò Lucio. Matteo era ancora presidente della Provincia».
Da
lì è un crescendo. «Zac» interviene alla prima Leopolda: è uno dei
primissimi renziani nella terra dell’ortodossia bersaniana. Nel 2011 si
candida alle primarie bolognesi contro l’attuale sindaco Virginio
Merola. Perde ma non si dà per vinto. Coltiva il rapporto con Renzi
senza mai tagliare i ponti con la Ditta. «Punto sui rapporti umani, non
sulle correnti». Una delle sere più importanti della sua vita,
Zacchiroli fa coming out nella sede di Arcigay: «Come teologo e come gay
— dice in quell’occasione — non mi stupisce il Vaticano ma la sinistra e
il Pd che non hanno il coraggio di dire quel che si deve dire”.
In
occasione della legge sulle unioni gay la comunità Lgbt gli rimprovera
un eccesso di moderazione. Lui però non ha rimpianti: «Il testo finale
della Cirinnà era il massimo che potessimo ottenere, chi è deluso lo
capirà in futuro. Renzi non mi ha scelto in quota Lgbt, mi ha chiesto di
fare gioco di squadra».