domenica 1 maggio 2016

Corriere 1.5.16
Ascesa, trionfo e declino dell’intellettuale europeo
Alberto Asor Rosa, Il grande silenzio. Intervista sugli intellettuali
risponde Sergio Romano

Nella premessa al libro Alberto Asor Rosa, Il grande silenzio. Intervista sugli intellettuali, (Laterza, 2009), la curatrice Simonetta Fiori scrive: «Quali colossali cambiamenti, in Italia e nel mondo, hanno condotto negli ultimi tre decenni al declino inarrestabile degli intellettuali? Com’è potuto accadere che il nesso politica e cultura, indissolubile in Italia fin dall’origine della storia unitaria, sia stato negli ultimi tempi polverizzato e abbia dato origine alla stagione del grande silenzio, segnata dal vuoto del pensiero critico? Più semplicemente, quale catastrofe civile e culturale si nasconde nel nostro Paese dietro il dissolvimento del ceto intellettuale, attore non innocente del declino più complessivo?». Mi piacerebbe che lei rispondesse a questi interrogativi.
Lorenzo Catania lorezo cata@tiscali.it
Caro Catania,
Q uando parliamo del ruolo degli intellettuali nella vita pubblica, il pensiero corre ad Alexis de Tocqueville, interprete della democrazia americana, Karl Marx profeta del socialismo e dei movimenti operai, Victor Hugo, esule in un’isola della Manica durante il Secondo impero di Luigi Napoleone, Emile Zola, difensore del capitano Dreyfus contro la false accuse dei circoli militari e antisemiti della società francese; per non parlare di molti altri, solo apparentemente minori, che hanno accompagnato l’esplosione del sentimento nazionale nel corso dell’Ottocento con i loro saggi e i loro romanzi. Dimentichiamo, tuttavia, che dopo l’ingresso delle masse nella vita pubblica l’intellettuale europeo subisce una sorta di mutazione antropologica. Ricerca il consenso popolare, diventa vanesio e ambizioso, si atteggia a profeta di mutamenti rivoluzionari, mette le sue doti al servizio di un leader, recita in molti casi una parte non troppo diversa da quella dei cortigiani nel palazzo del principe, ma non esita a saltare da un palazzo all’altro se le circostanze gli suggeriscono di cambiare alloggio.
Sono convinto che molti essi abbiano agito in buona fede, ma le peripezie degli intellettuali fra le diverse ideologie, nel corso dell’Ottocento e del Novecento, sono uno dei capitoli più tragicomici della storia europea, soprattutto nei Paesi, come l’Italia e la Francia, che hanno fatto una doppia esperienza: quella del fascismo e quella del comunismo.
Dopo il crollo del fascismo e, cinquant’anni dopo, il fallimento del comunismo, questi intellettuali hanno perso una buona parte del loro fascino. Se hanno un particolare talento e fanno il loro mestiere con dignità a competenza, hanno il diritto di essere letti, ascoltati e ammirati. Ma se ancora pretendono di vaticinare su ogni argomento, non hanno compreso, evidentemente, che l’era degli oracoli è terminata.