Corriere 1.5.16
Boldrini: troppa corruzione nella politica e nelle imprese
«Basta con la schiavitù Ci sono ancora donne che muoiono nei campi»
intervista di Alessandro Trocino
ROMA
«È paradossale che, dopo aver varcato l’era digitale, tolleriamo che
molte donne, soprattutto nelle campagne, lavorino in condizioni di
sfruttamento ottocentesco e di schiavitù». Laura Boldrini, presidente
della Camera, è particolarmente sensibile al tema del lavoro femminile.
Andò a New York, a deporre una corona alla fabbrica Triangle, dove un
incendio nel 1911 uccise 126 donne, in maggioranza italiane. E ricevette
una delegazione delle lavoratrici sopravvissute alla strage del Rana
Plaza, in Bangladesh, dove il crollo di una fabbrica tessile uccise nel
2013 1100 persone, molte delle quali donne. Per il 1° maggio di
quest’anno, ha scelto di andare a Mesagne, in provincia di Brindisi, per
un incontro organizzato dal sindacato Flai-Cgil con le braccianti e i
familiari delle vittime del caporalato. Visita che è anche l’occasione
per parlare della condizione delle donne, dei sindacati, «che non vanno
delegittimati». E del lavoro: «Il Jobs act ha stabilizzato i contratti
ma gli incentivi vanno resi strutturali», spiega la presidente della
Camera. Che lancia il «reddito di dignità europeo per le persone
indigenti».
Perché un 1° maggio tra le braccianti pugliesi?
«Ho
pensato di celebrare questa festa dove il lavoro non passa per il
rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Soprattutto delle
donne. Mi sembra giusto focalizzare l’attenzione sulla condizione delle
donne braccianti. Solo nel 2015 sono state 13 le vittime tra i
braccianti. Morti per fatica, sfinimento. Ricorderò le parole
pronunciate da Teresa Mattei, la deputata più giovane della Costituente,
che aveva 25 anni. Disse, allora, che c’erano migliaia di donne che
lavoravano durissimamente, in condizioni di schiavitù».
Ed è ancora così?
«Molto
è cambiato, naturalmente. Il 1946 è stato l’anno spartiacque. Prima le
donne erano fantasmi, dal punto di vista politico e sociale. Molte
battaglie sono state combattute: già nel 1946 la prima donna sindaca,
Ada Natali, si occupava delle difficili condizioni delle donne che
lavoravano nelle fabbriche di cappelli. Molti anni sono passati, eppure
può succedere ancora che si muoia di fatica. Se è vero che la schiavitù è
stata cancellata nel 1865 negli Usa, nelle nostre campagne a volte si
trovano condizioni di lavoro molto simili. Come quelle che ha dovuto
sopportare Paola Clemente, prima di morire».
Ci sarà il marito, oggi.
«Sì,
per raccontare la storia di una donna che lavorava 14 ore al giorno per
27 euro. Si svegliava nel cuore della notte per andare a lavorare e
attaccava alle cinque di mattino, nelle campagne di Andria. È morta di
stanchezza».
Servono provvedimenti legislativi?
«Abbiamo
fatto molto. Abbiamo introdotto la confisca dei beni dei caporali, il
reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” e abbiamo
approvato alla Camera la confisca dei beni dei caporali. Ma bisogna
rafforzare anche la trasparenza: una banca dati delle imprese agricole e
liste dei lavoratori. Servono più ispezioni. A volte chiediamo di
denunciare. Ma denunciare significa esporsi. E noi non possiamo chiedere
eroismo a chi denuncia. Anche i sindacati devono essere messi nelle
condizioni di offrire tutela».
Eppure i sindacati non godono dei
favori di molta politica, compreso il governo. Qualcuno li vede più come
un intralcio per la modernizzazione.
«I sindacati, come i
partiti, devono sicuramente aggiornarsi e cambiare. Ma senza corpi
intermedi non esiste democrazia. E glielo dico anche perché ho lavorato
in Paesi dove non c’erano sindacati o partiti, se non di regime. Bisogna
aiutare le organizzazioni a essere più moderne, ma non delegittimarle
né esautorarle».
I dati sul lavoro vengono spesso forniti con toni contrastanti. Come va l’occupazione in Italia? Il Jobs act ha funzionato?
«I
dati di marzo dell’Istat ci dicono che è in calo la disoccupazione, in
generale, e quella giovanile in particolare. Non possiamo che esprimere
apprezzamento. Ma se è vero che il buon esito dipende dagli incentivi,
allora perché non renderli permanenti e strutturali?».
Basta il Jobs act?
«Cambiare
le regole del mercato del lavoro può essere un contributo importante ma
da solo non basta. L’austerity non ha funzionato. Bisogna rilanciare la
crescita con gli investimenti. E stimolare i redditi più bassi. Uno
sforzo da fare sul doppio binario, nazionale ed europeo. Ritengo utile
che l’Europa lanci un reddito di dignità per le persone indigenti.
Sarebbe anche un elemento di rafforzamento della cittadinanza europea».
In
Puglia andrà in una masseria confiscata alla Sacra Corona Unita. Come
dimostrano anche i casi di cronaca, politica e criminalità sembrano
sempre più intrecciate. È stato fatto abbastanza?
«Abbiamo fatto
molto. Inasprito le pene per la corruzione, introdotto il reato di
autoriciclaggio, rafforzato l’autorità anticorruzione, colpito il voto
di scambio politico-mafioso, tolto i vitalizi agli ex parlamentari
condannati in via definitiva per mafia e corruzione, introdotto il
codice deontologico per i deputati».
Non basta, a quanto pare.
«Certo,
non basta. Dobbiamo impegnarci ancora di più. Perché la corruzione è un
virus pericoloso, che da tempo ha infettato la politica, ma anche la
pubblica amministrazione e l’impresa».
Si nota, però, una crescente insofferenza della politica nei confronti dei magistrati.
«La
politica non può delegare alla magistratura. La pulizia deve essere
fatta indipendentemente dalle inchieste. La magistratura arriva quando è
già troppo tardi: i partiti devono agire prima, se vogliono essere
rispettati dalla gente. Altrimenti non può che esserci una drammatica
caduta di credibilità della politica».