Corriere 19.5.16
La provocazione di Nkosazana
«Italia in ritardo sulla Cina Basta parole, servono azioni»
di Marco Galluzzo
ROMA
«Se non investiremo in sviluppo e creazione di posti di lavoro, non
saremo in grado di mantenere la pace. In Africa si possono creare 7
milioni di posti ogni anno solo sfruttando il 50% dei giacimenti di
minerali esistenti, per questo occorrono investimenti e l’Europa deve
recuperare il tempo perduto rispetto ad altri concorrenti, a cominciare
dalla Cina. L’Italia in questo contesto può essere in prima fila, ha
tutte le carte in regola».
Prima donna alla guida della
Commissione dell’Unione Africana, Nkosazana Dlamini- Zuma, sudafricana,
partecipa in prima fila alla Conferenza Italia-Africa alla Farnesina.
«Basta dialogo, dialogo, dialogo, servono azioni», è il messaggio
provocatorio che è venuta a portare, sottolineando che l’Africa «ha
bisogno di investimenti nell’agribusiness, infrastrutture, energia,
industria estrattiva, perché ha una popolazione giovane e in crescita
che ha bisogno di formazione. E senza diversificazione economica non si
riuscirà a creare lavoro».
Dlamini-Zuma nel suo Paese è un
personaggio politico da molti anni, è stata ministro della Salute sotto
la presidenza Mandela, ma anche ministro degli Esteri dal 1999 al 2009.
Poco dopo ha assunto l’incarico di ministro dell’Interno nel governo del
presidente Jacob Zuma, suo ex marito, da cui ha avuto quattro figlie.
Di quali investimenti ha bisogno l’Africa?
«Le
infrastrutture sono il punto centrale per un pieno sviluppo. E parlo di
tutti i tipi di infrastrutture: acquedotti, aeroporti, strade. L’Europa
è indubbiamente in ritardo, almeno rispetto alla Cina, ma è in grado di
competere. Il modello cinese è spesso vincente perché è in grado di
partecipare alle gare con offerte a basso costo, ma è anche vero che
molte compagnie europee non sono interessate a investire da noi, la Ue
può fare molto di più».
Cosa pensa delle parole di Renzi?
«L’Italia
sicuramente può giocare un ruolo cruciale e in parte lo sta cominciando
a fare. Dobbiamo certamente cooperare di più su alcune priorità, voi
avete molte industrie alimentari che possono investire nel nostro
continente e avete un calo demografico, come del resto tutta l’Europa,
che può essere compensato in un contesto africano. Avete formazione e
esperienze da offrire, dobbiamo lavorare per costruire un modello
culturale, politico ed economico di reciproco interesse».
Lei ha
messo in testa l’agricoltura come settore di investimento, oltre alle
infrastrutture. È davvero conveniente per le imprese della Ue venire da
voi?
«Io credo di sì. L’Africa ha moltissima terra per
l’agricoltura che è ancora incolta, che può essere messa a reddito:
abbiamo bisogno di moderni sistemi di irrigazione e di modelli
industriali di coltivazione, da questo punto di vista possiamo essere
molto attrattivi per tutte le industrie europee, e ovviamente anche per
quelle italiane che hanno voglia di crescere».
Lei ha parlato di
pace e di terrorismo, Renzi cerca di fare «girare la testa all’Unione
Europea verso il vostro continente»: sul piano culturale si può trovare
un modello di interesse comune?
«Non c’è dubbio. E non solo per
motivi geografici, ma anche demografici: i nostri studenti devono venire
maggiormente in Europa a studiare, il vostro calo demografico può
essere affrontato anche con una maggiore collaborazione con i Paesi
africani».
L’Italia è in corsa alle Nazioni Unite per un seggio di
membro non permanente al Consiglio di sicurezza. Renzi nelle prossime
settimane sarà di nuovo a New York per la fase finale delle votazioni.
Molte chance dell’Italia dipendono dai Paesi africani. Ce la facciamo?
«Se
l’Italia fa abbastanza attività di lobbying ha buone chance di ottenere
un seggio nel Consiglio di Sicurezza, anche se bisogna considerare
anche il peso degli altri continenti, dai Caraibi all’Asia».