Corriere 18.5.16
Lo scontro aperto dentro la Chiesa I timori sulla «base» del mondo cattolico
Il rischio di essere scavalcati sul referendum
di Massimo Franco
È
una Chiesa italiana indebolita, quella che deve affrontare la sfida
delle unioni civili. Indebolita dai contrasti interni; da qualche
incomprensione con il papato argentino; e dalla realtà di interlocutori
volatili nel mondo politico, al di là della correttezza dei rapporti
istituzionali. La distanza dal governo di Matteo Renzi sta diventando
quasi siderale: lo testimonia la durezza di un esponente cattolico
moderato come il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, irritato per le
parole del cardinale Angelo Bagnasco su una legge che porterebbe di
fatto all’«utero in affitto» per le coppie omosessuali. «Il pensiero di
Bagnasco», ha reagito, «non corrisponde alla legge».
Questo sfondo
di incertezza espone la Cei non solo agli attacchi esterni. È vero che
il Pd e la sinistra tendono a ritrovare la propria compattezza quasi
soltanto su temi cari un tempo soprattutto ai radicali. Ma l’esposizione
è duplice: le critiche arrivano, più o meno esplicitamente, anche
dall’interno del mondo cattolico; e forse sono le più imbarazzanti e
corrosive, per l’episcopato. Vicende come le norme sulle unioni civili
mostrano quanto la fedeltà di partito dei «cattolici del Pd» faccia
premio sull’appartenenza religiosa, a conferma di una laicizzazione
irreversibile della politica.
Ma in parallelo testimonia come le
componenti più tradizionaliste del cattolicesimo tendano a spingere la
Chiesa verso lo scontro con governi e filiere culturali ritenute ostili e
«minoritarie»: per quanto l’assunto sia tutto da dimostrare. Il
risultato è di presentare un Vaticano sfidato a sinistra da un premier
che dice di aver giurato «sulla Costituzione e non sul Vangelo», nelle
parole sorprendenti di Renzi; e a destra da componenti xenofobe che
cercano di ridurre le distanze dal Vaticano sul piano dei «valori», non
potendolo fare in materia di immigrazione. Le vere spine, tuttavia, sono
extraparlamentari e extrapolitiche: fioriscono in una indistinta «base
cattolica».
Fanno emergere una nebulosa che si sente poco
rappresentata dalle stesse gerarchie. Ma che è pronta comunque alla resa
dei conti con un mondo accusato di legiferare senza legittimazione
popolare; di essere ostile all’etica religiosa e al «diritto naturale»; e
dunque di distruggere le basi della famiglia tradizionale. In buona
parte, è lo stesso mondo che ha organizzato il Family Day nonostante la
freddezza di gran parte della Cei e il silenzio di papa Francesco,
intenzionato a tenersi a distanza dalle polemiche italiane tra politica e
vescovi. Ed è un mondo che non disdegna nemmeno il ricorso allo
strumento del referendum, scavalcando timori e cautele comprensibili del
Vaticano.
I referendum del passato, sul divorzio nel 1974 e
sull’aborto nel 1981, non hanno portato fortuna alla Chiesa. Ne hanno
sancito anzi la condizione di minoranza in Italia, scoraggiandola a
ingaggiare nuove prove di forza con una società che non controllano più
come negli Anni Cinquanta del Novecento. Tra l’altro, i casi di
pedofilia, per quanto rari, di alcuni sacerdoti potrebbero diventare
ingombranti in una campagna nella quale per la sua dinamica interna
prevalgono le spinte più estremiste e divisive. Dunque, quando il
presidente della Cei attacca la legge della senatrice pd, Monica
Cirinnà, cerca di tenere conto di quanto è successo col Family Day.
Ufficializza
la spaccatura col governo, a costo di spiazzare un ministro come
Alfano, criticato qualche mese fa dal Vaticano perché aveva pensato a un
referendum contro le unioni civili. E supera le posizioni del
segretario generale, monsignor Nunzio Galantino, che fino all’ultimo
aveva confidato in una mediazione con Palazzo Chigi: per trovarsi alla
fine con la richiesta di fiducia sul provvedimento. In filigrana si
intravedono le tensioni persistenti nella Cei tra presidente e
segretario dei vescovi: il primo più assertivo nei confronti del
governo, il secondo più dialogante, forte anche dell’atteggiamento di
Jorge Mario Bergoglio. In effetti, anche ora il pontefice rimane sullo
sfondo.
Si mostra attento e insieme distante dalle vicende
italiane. La sua pastorale europea, già controversa, rispetto all’Italia
risulta ancora più tormentata. Le parole al quotidiano cattolico
francese La Croix sul diritto all’obiezione di coscienza in tema di
unioni civili non possono essere riferite automaticamente all’Italia,
come consenso papale alle posizioni più oltranziste. Per questo il
fantasma di un referendum appare una questione che non riguarda solo i
rapporti Chiesa-politica, ma il modello di Chiesa italiana in
incubazione. Non è da escludersi che alla fine sia Francesco, sia la Cei
possano subire la strategia dello scontro: una strategia che non hanno
potuto, prima ancora che voluto, frenare.
E si può essere certi che qualcuno ne approfitterà, usando strumentalmente la bandiera nobile della religione.