mercoledì 18 maggio 2016

Corriere 18.5.16
Il diaconato femminile E il celibato ecclesiastico
risponde Sergio Romano

Caro Romano, confrontandomi con un amico sulla nuova apertura di papa Francesco alle donne diacono siamo finiti a parlare del celibato dei sacerdoti. A suo dire tale vincolo, da non confondere con la spesso disattesa e anacronistica castità, sarebbe stato da sempre uno dei maggiori punti di forza della Chiesa Cattolica. Ha preservato infatti da questioni ereditarie l’immenso patrimonio terreno della Chiesa che ha così salvaguardato non solo la propria dottrina ma anche la sua potenza economica. Ma al di là di questo aspetto materiale credo che, in fondo, il celibato abbia ancora un senso convinto come sono che per amare tutti sarebbe meglio non amare nessun … uno. Sbaglio?
Mario Taliani

Caro Taliani
L’argomento con cui il suo interlocutore spiega il celibato ecclesiastico è marxista e positivista. Rifiuta le motivazioni religiose ed è fondato sulla convinzione che ogni scelta delle grandi istituzioni sia dettata, in ultima analisi, da considerazioni pratiche e terrene. Ma di questo passo dovremo giungere alla conclusione che la Chiesa dell’Alto Medio Evo vietò l’usura per meglio incassare le generose donazioni con cui i mercanti, dopo avere violato le sue prescrizioni, riscattavano le loro anime in punto di morte. Con alcune grandi eccezioni (fra cui, in primo luogo, il «poverello d’Assisi») la Chiesa non fu mai insensibile alle considerazioni economiche. Ma di lì a spiegare che lo scopo del celibato era di impedire che i beni di un sacerdote fossero trasmessi ai suoi eredi, la distanza mi sembra troppo grande.
Credo che alle origini del celibato vi sia un problema di lealtà. È certamente lecito chiedersi se il sacerdote che vuole servire la Chiesa possa avere vincoli familiari. Le mogli, secondo la mentalità tradizionale, possono essere pettegole, indiscrete, frivole, se non addirittura infedeli. I figli possono essere sventati, spendaccioni, troppo pigri o troppo ambiziosi e soprattutto troppo attratti dalle cattive amicizie. Assicurare ai figli una buona carriera può richiedere scambi di favore che non sono compatibili con il decoro e lo stile della vita di un sacerdote. È vero che le Chiese protestanti sembrano avere risolto questi problemi in modo soddisfacente, ma la Chiesa cattolica è un enorme «esercito», con una forte struttura gerarchica. Non è difficile comprendere perché l’abolizione del celibato susciti, ai suoi vertici, parecchie preoccupazioni. Esiste anche una via di mezzo, adottata soprattutto dalla Chiesa ortodossa: quella che esige il celibato soltanto per chi aspira a progredire nella carriera ecclesiastica sino alle maggiori responsabilità. Ma ha il difetto di creare nella comunità ecclesiale due categorie di sacerdoti: quella dei cavalieri e quella degli scudieri. Sono queste le ragioni, caro Taliani, perché l’istituzione del diaconato femminile mi sembra meno difficile dell’abolizione del celibato ecclesiastico.