domenica 15 maggio 2016

Corriere 15.5.16
Tra tour alle Feste e comitati Il piano Renzi-Boschi per il sì
di Maria Teresa Meli

ROMA È già da tempo che Maria Elena Boschi ha, di fatto, dato il via alla campagna referendaria. E ieri, in un «tour» in Sicilia la ministra delle Riforme è tornata nuovamente a parlare del disegno di legge che porta il suo nome e dell’appuntamento di ottobre che a suo giudizio rappresenta «un punto di svolta per il Paese».
«Spero che vadano a votare in tantissimi sul merito e non sulla simpatia nei confronti del governo, per quello ci sono le elezioni del 2018», ha detto Boschi, cercando di evitare una personalizzazione eccessiva dell’appuntamento autunnale. E ancora: «Il referendum non riguarda il Pd, perché la scelta di cambiare deve essere di tutto il popolo». Come a dire, rivolta ai bersaniani: non trasformiamo l’iniziativa referendaria in una resa di conti interna perché non è questo l’oggetto del quesito.
In Sicilia la ministra ha usato anche dei toni volutamente non perentori sul «suo» ddl, osteggiato «da Berlusconi e Salvini solo per opportunità politica»: «Nessuno ha la pretesa di fare una riforma perfetta. C’è voluta molta fatica per trovare un punto di sintesi. Se avessi potuto fare da sola avrei magari fatto diversamente».
Un’auto-sconfessione della propria legge? Ovvio che no. Da una parte la ministra ha voluto dimostrare che non è vero, come dicono i detrattori del ddl, che questo testo è stato imposto dal governo Renzi. Dall’altra, ha dato voce a un orientamento che è sia suo che del premier, perché entrambi avrebbero voluto togliere più competenze alle regioni.
«Avrei forse fatto diversamente sul Titolo V della Costituzione — ha spiegato Boschi — perché il testo iniziale era più chiaro». Cioè la versione originale, che dava maggior potere d’intervento allo Stato. Ma comunque la riforma, frutto di molte mediazioni, va bene così com’è «perché fa fare al Paese un grande passo avanti»: guai a guardare indietro «con gli occhiali della nostalgia».
Perciò la campagna referendaria continua, e sembra essere l’unico vero obiettivo del premier. Per il risultato, ma anche per il numero dei votanti perché il traguardo è quello di portare alle urne più del 50 per cento degli italiani, benché per questo tipo di referendum non sia necessario il quorum. Per questa ragione Boschi e Renzi stanno preparando un lavoro capillare in tutto il territorio.
L’idea è quella di non usare solo i «social» o le apparizioni televisive del premier (che pure saranno numerose). Si vuole mobilitare il partito e anche risvegliarlo da quella specie di torpore in cui sembra essere caduto in molte zone d’Italia. Perciò Renzi e Boschi questa estate gireranno le feste dell’Unità, che dovranno servire da motore della campagna.
A ogni parlamentare, poi, verrà affidato il compito di collaborare all’avvio di un comitato del «sì» nel proprio collegio. E questo è anche un modo per mettere alle strette gli esponenti della minoranza e sottoporli a una sorta di test per vedere se intendono veramente impegnarsi nella campagna. Sforzo, questo, che Matteo Renzi chiederà a tutti nell’assemblea parlamentare prevista per martedì prossimo. Il premier è convinto che il risultato sia a portata di mano: «Il 16 ottobre tutti dimenticheranno i sondaggi di questi giorni». Quei sondaggi che ora danno il «sì» in difficoltà.
Se la campagna referendaria è già avviata, non sembra invece ancora sciolto il nodo del presidente del Comitato nazionale del «sì». A Boschi non dispiacerebbe una figura autorevole come quella di Sabino Cassese, mentre il nome di Luigi Berlinguer, circolato nei giorni scorsi, sembrerebbe solo una suggestione.