sabato 14 maggio 2016

Corriere 14.5.16
Roma, tutti contro tutti. Ma con le stesse ricette
di Sergio Rizzo

La mosca bianca è Virginia Raggi. Accerchiata nella competizione elettorale da una coorte di romanisti incalliti, tifa Ternana. Per non deludere il popolo romano ammette tuttavia simpatie biancocelesti, beninteso di riflesso: «Mio marito è della Lazio e mi ha lavorato ai fianchi per vent’anni». Tanto basta per scavare un solco fra lei e, in ordine alfabetico, Roberto Giachetti, Alfio Marchini e Giorgia Meloni. Che rischia pure di essere, sorprendentemente, il più profondo in questo scontro apparente di tutti contro tutti. Anche su temi che fino a ieri autorizzavano a immaginare spaccature insanabili fra i candidati a sindaco di Roma. Il rapporto con le indagini giudiziarie, per esempio.
Politica e inchieste
Alla domanda se il coinvolgimento in una inchiesta con accuse per reati contrari a doveri d’ufficio debba o meno portare alle dimissioni, la risposta di tutti è stata, fatte salve le sfumature: «Dipende. Caso per caso». Sarà magari per i siluri arrivati a qualche esponente del Movimento 5 Stelle che Virginia Raggi ammonisce a non usare gli avvisi di garanzia «come manganelli». Parole che un tempo avrebbero fatto rabbrividire i giustizialisti di incrollabile certezza. A dimostrazione del fatto che un conto è la realtà immaginata e altro conto la realtà reale…
Trasporti
E forse questo spiega pure perché di fronte ai problemi più gravi della capitale evocati a ciascuno di loro in tre giorni di confronti davanti alle telecamere di Corriere Tv , le ricette dei quattro candidati principali non fossero così distanti. Che sul trasporto pubblico si debba intervenire con decisione, del resto, è assolutamente necessario. Che si debba stroncare l’evasione, poi, un imperativo. Come farlo? Chi come Raggi e Giachetti insiste su tecnologie e biglietti elettronici, chi come Meloni sottolinea l’importanza del bigliettaio e chi come Marchini metterebbe un controllore in ogni carrozza della metro. Sempre che la metropolitana, e qui si parla della fantomatica Linea C già costata 3,7 miliardi per non arrivare neppure a metà del percorso e attualmente ferma, debba avere un futuro. Il democratico Giachetti dice che sì, deve averlo, ma si deve mettere un punto fermo e poi riprogettarla insieme alla soprintendenza. Da destra, invece, Giorgia Meloni sostiene che deve arrivare fino a piazza Venezia. La grillina Raggi concorda con Marchini che ha da poco incassato l’appoggio di Silvio Berlusconi: si fermi al Colosseo, poi si vedrà. Anche se l’impressione è che nessuno di loro sappia in fondo con che razza di problema avranno a che fare.
Fori, pedonali o no?
Quanto alla pedonalizzazione dei Fori, ciascuno critica Ignazio Marino, ma poi sono tutti d’accordo.
E giorni duri si profilano anche per i pullman turistici: non uno dei candidati vuole più lasciarli circolare liberamente nel centro storico. Giachetti ricorda che era stato lui a cacciarli, già nel 2000. Mentre poi Marchini profetizza l’introduzione di supertecnologie per preparare Roma alle auto intelligenti senza pilota, s’impegna a incentivare il ciclismo urbano. Tutti giurano di fare più corsie preferenziali. Quando Giorgia Meloni spariglia: per decongestionare Roma si dovrebbero portare fuori dal centro i ministeri, e perfino il Campidoglio. Ottima idea, ma ha più di cinquant’anni. E se non ci sono riusciti allora…
I (dis)servizi
Per non parlare dell’immondizia che fa di Roma la capitale più sporca d’Europa con tariffe che la Confartigianato calcola essere le più care d’Italia, superiori del 50,9% alla media nazionale. «Bisogna chiudere il ciclo dei rifiuti», fanno i quattro in coro. E se Raggi insiste che sono i dirigenti a dover pagare i disservizi della municipalizzata dell’ambiente, Giachetti propone di dare un palmare agli spazzini… Efficienza e tecnologie: tutti d’accordo. Come nel dire un «no» fermo e risoluto alle privatizzazioni delle municipalizzate .
Rilanciare il turismo
E per il turismo, che dovrebbe essere la principale industria della capitale d’Italia? Lotta senza quartiere agli abusi, innanzitutto. Anche qui all’unisono, con Marchini che ha un’idea. Anzi, più d’una. Il sindaco di notte, o l’assessore alla movida: e promette nomi clamorosi. E poi ricordate i centurioni? Perché anziché lasciare il business ai rumeni o a quei coatti, minacciosi e panzoni, non organizziamo spettacoli con i giovani delle scuole di recitazione? In fin dei conti si darebbe anche una mano all’occupazione.
Dipendenti comunali
Già che ci siamo, poi, perché prendersela con i dipendenti comunali, o con gli autisti dell’Atac, oppure con i vigili, o ancora con i netturbini? Anche su questo, il consenso sembra davvero unanime. Giachetti dice che i lavoratori vanno motivati. Bene. Chi sbaglia deve pagare, precisa Virginia Raggi, insistendo sul fatto che la colpa principale non è dei fannulloni: piuttosto, di chi non li mette nelle condizioni di lavorare. Vero. Ma anche qui la sensazione che nessuno di loro abbia voglia di fare un frontale con 62 mila possibili elettori e relative famiglie è consistente. Comprensibile. E per tranquillizzare ulteriormente i tutori dell’ordine municipale, ecco Marchini proporre di affidare la sorveglianza dei campi rom non più a pattuglie di vigili urbani, ma ai droni. Vinca il migliore.