Corriere 12.5.16
Clinton di nuovo sconfitta da Sanders va verso le presidenziali indebolita
La paura di Hillary contro Donald «Nei tre Stati chiave può vincere»
di Giuseppe Sarcina
NEW
YORK Il tabellone delle primarie è già sostituito dalla mappa per le
presidenziali dell’8 novembre. Donald Trump contro Hillary Clinton.
Mancano ancora sei mesi, vero. E Bernie Sanders resta, in modo
brillante, nella campagna. Martedì 10 maggio ha sconfitto, per la
diciannovesima volta, l’ex segretario di Stato nel West Virginia con un
distacco netto: 51,4% contro 35,6% (il restante 12,8% disperso tra altri
concorrenti).
Ma è proprio il senatore del Vermont a introdurre
il tema: «Io posso battere Trump ovunque; “Secretary” Clinton, invece, è
in difficoltà in tre Stati chiave per le presidenziali».
Ieri,
all’alba, lo staff di Hillary ha mandato una mail ai suoi sostenitori:
«Dovete vederli questi sondaggi». Come dire: sì, abbiamo un problema. La
rilevazione è della Quinnipiac University. In tre dei cosiddetti «swing
States», politicamente oscillanti, si profila un insidioso testa a
testa per l’ex first lady: in Florida è data al 43% contro il 42% del
miliardario newyorkese; in Ohio è sotto di 4 punti, 39% contro 43%; in
Pennsylvania di nuovo avanti, ma di un niente: 43% a fronte del 42%. Ci
sono anche altri dati più favorevoli, ma i collaboratori di Hillary
cominciano ad avvertire il rischio concreto di perdere la Casa Bianca.
Nessuno, dal 1960 in poi, è diventato presidente senza aver vinto in
almeno due Stati nel trittico Florida-Ohio-Pennsylvania.
È una
questione di meccanismi elettorali, innanzitutto. Il sistema è piuttosto
complicato perché deve tenere insieme rappresentatività popolare e
spirito federalista. I cittadini votano per il Collegio elettorale,
Stato per Stato. In teoria è possibile uscire sconfitti, pur avendo
raggiunto la maggioranza dei consensi nell’intero Paese. Ma esiste anche
una novità politica sempre più evidente. Trump sta dimostrando di poter
pescare da una parte all’altra degli schieramenti: a destra, tra gli
ultra conservatori e anche a sinistra di Hillary Clinton, tra gli operai
per esempio. Non è un caso se il tycoon abbia iniziato a corteggiare il
movimento di Sanders: «I giovani che seguono Bernie vogliono posti di
lavoro e sono contrari agli accordi commerciali. Alla fine verranno con
me».
Secondo gli analisti, la carta più importante per Clinton
resta il voto femminile: il 75% delle donne, su scala nazionale,
dichiara di avere «un giudizio negativo su Trump». Ma il costruttore
newyorkese può contare su una maggiore mobilitazione dell’elettorato
repubblicano. Nelle primarie in Florida, lo Stato più popoloso dei tre
«swing», Hillary ha preso 1 milione e 97 mila voti che aggiunti ai 566
mila di Sanders fanno 1.663.000: questo è lo zoccolo duro del partito
democratico. Trump ha ottenuto 1 milione e 77 mila consensi, da sommare
con i 403 mila di Ted Cruz, i 653 mila di Marco Rubio e i 159 mila di
John Kasich. Totale: 2.292.000.
L’obiezione è chiara: non è detto
che chi ha scelto Rubio o Kasich al primo turno converga su Trump a
novembre. Ma già la base di Cruz, altro outsider, è più simile a quella
del front runner. E in ogni caso lo stesso ragionamento vale per i fan
di Bernie che potrebbero non adattarsi a Hillary. Tuttavia le cifre sono
inoppugnabili: in Florida, e altrove, Trump parte con un bacino di voti
potenziali più ampio rispetto all’avversaria.
Ecco perché la mail dell’ex first lady chiede ai supporter un ulteriore «scatto» e, per inciso, «la donazione di un dollaro».