Corriere 11.5.16
Note (infinite) nella notte
Matematica, fede, bellezza : ecco perché le variazioni Goldberg restano un enigma
di Gian Mario Benzing
Sulla
rotta delle sfere celesti, nel paradiso dei numeri puri, nel fiume
dell’eterno ritorno, al cospetto della Trinità... Dove ci portano le
Variazioni Goldberg ? Mistero meraviglioso. Non sono musica comune, non
si materializzano a caso in una stagione: hanno un’aura, che le
distingue, insieme sacra e pitagorica. «Piano City» quest’anno pone il
capolavoro bachiano al termine di una maratona dedicata al tema del
Notturno, nello spazio ex industriale di Base, la «PianoNight» di
venerdì 21, non stop dalle 23.30 all’alba. Carlo Balzaretti darà
l’avvio, scivolando da Chopin a Granádos; altri pianisti scopriranno,
via via, nuove costellazioni, Ravel e Debussy, Feldman e Stockhausen. Il
pubblico potrà ascoltare o librarsi in armonioso dormiveglia. Ma, alla
fine, ecco le Goldberg , intonate da Monica Leone. La loro correlazione
con la notte si fonda sull’aneddoto narrato nel 1802 dal biografo
bachiano Johann Forkel: le favolose Variazioni sarebbero state scritte
per il Conte von Keyserling, l’ambasciatore russo a Dresda che, per
rasserenare le sue notti insonni, desiderava nuova musica da far
eseguire al suo clavicembalista, Johann Gottlieb Goldberg. Non quadra,
ma ha il suo fascino: l’ Aria mit verschiedenen Veränderungen , titolo
originale, risale al 1741, quando Goldberg, classe 1727, aveva circa 14
anni (davvero era in grado di suonare un’opera così ardua?) e la
raccolta non fu mai dedicata al conte. Composte «zur Gemüths-Ergetzung»,
«per il diletto dello spirito», queste Variazioni non sono certo musica
«sedativa». Anzi, la loro brillantezza e l’imponente struttura,
continuo stimolo intellettuale, sembrano dissimulare un’altra segreta
natura. Microcosmo e macrocosmo. Un’Aria, trenta Variazioni, e l’Aria
da capo. Regola del due e regola del tre. Ognuno dei 32 brani è di 16 o
di 32 battute ed è diviso in due parti uguali con ritornello; tranne la
Variazione 16, fatta di 16+32 battute. Ogni terza Variazione è un
Canone, con due voci che si inseguono uguali a distanze crescenti,
all’unisono, alla seconda, alla terza e così via; fino alle nona
(sol-la) della Variazione 27 (tre alla terza). Ora: se il clavicembalo è
«ben temperato», la nona equivale alla seconda, quindi anche i Canoni
chiudono un cerchio, come il ritorno dell’Aria quello delle Variazioni.
Si creano così due circonferenze che ruotano con centri sfasati e
«marcati»: il centro delle 30 Variazioni è la n. 16, ouverture in stile
francese, l’unica di 48 battute, «apertura» del secondo sottociclo. I
Canoni sono 9, ma il loro centro sembra spostato come fossero 8 (e il
nono, ridondante) perché «marcati» sono il Quarto e il Quinto, gli unici
Canoni inversi, con le voci per «moto contrario» (dove una sale,
l’altra scende e viceversa). Infinite le valenze simboliche di questa
doppia struttura binaria/ternaria. C’è chi vi intravede i «pianeti» del
sistema tolemaico, chi la retorica di Quintiliano; il pianista Simone
Pedroni, meglio, ha interpretato le Goldberg come grandioso inno alla
Trinità. Certo: matematica, fede e bellezza in Bach sono tutt’uno. Ma
qui i contorni si fanno sfuggenti. Le Goldberg non sono Variazioni
«consuete», ove il tema gradatamente si trasformi, restando, però, più o
meno «visibile». No, qui l’Aria appare già come variata, in mille
fioriture alla francese; e le Variazioni non variano lei, la melodia,
bensì il suo basso (peraltro assai comune e vicino al corale d’Avvento
«Vom Himmel hoch»): un po’ come se, entrando in una cattedrale, così mi
disse András Schiff, invece di guardare in alto seguissimo i mosaici del
pavimento. Poi: né l’aria né il basso tornano mai eguali alla prima
esposizione. Per questo la Variazione 30, Quodlibet , intreccio di due
canzonette popolari, «Da tanto tempo non son più con te, ritorna,
ritorna!» e «Cavoli e rape mi hanno distolto», sembra alludere proprio
alla lunga assenza dell’Aria e al suo imminente riaffiorare nel «da
capo». Finalmente, si torna a casa. Ma è davvero la stessa casa da dove
siamo partiti? È un ciclo infinito? È la parusia di Cristo alla fine dei
tempi? L’Aria, apparsa scomparsa riapparsa, dopo l’immane cammino suona
ora diversa, e anche noi che ascoltiamo, nel frattempo, siamo cambiati.
L’apparente rinascita ci interroga a ritroso: ma allora, che cosa c’era
prima dell’Aria, prima di noi, prima di Dio?