Corriere 11.5.16
Banca Etruria e le carte falsificate I pm indagano sul sì di Consob
I magistrati: fu approvato un prospetto senza percentuale di rischio
di Fiorenza Sarzanini
ROMA
I funzionari di Banca Etruria hanno falsificato i questionari Mifid dei
clienti alterando al ribasso la percentuale di capitale investito. E lo
hanno fatto con la «copertura» della Consob. Nel prospetto informativo
di oltre 150 pagine sull’emissione di obbligazioni straordinarie
avvenuta nell’estate 2013 non era infatti specificata la percentuale di
rischio dell’investimento. Nonostante questo la Commissione di vigilanza
diede il parere favorevole.
Si concentra su questo sospetto il
filone di indagine della Procura di Arezzo sulla truffa ai piccoli
risparmiatori che ha tra gli indagati il direttore dell’area Finanza
dell’istituto di credito e un altro dirigente della sede centrale. Ma
approfondisce anche la bancarotta fraudolenta già contestata ai
componenti del consiglio di amministrazione guidato da Lorenzo Rosi, in
particolare per quanto riguarda oltre cento milioni di finanziamenti
senza garanzie concessi a quattro grandi clienti.
I falsi investimenti
I
verbali dei direttori delle filiali raccontano di «ordini perentori
arrivati dalla direzione generale affinché i bond fossero collocati sul
mercato velocemente e nel maggior numero possibile». La situazione
patrimoniale di Etruria era disastrosa, c’era bisogno di ottenere
liquidi per cercare di ripianarla. E dunque, oltre alla circolare che
suggeriva di rivolgersi a tutti gli investitori, anche quelli che non
avevano il «profilo» adeguato, ci furono altre indicazioni. Una
prevedeva di alterare i dati dei clienti. Finora si sapeva che erano
stati modificati titoli di studio, professione, età. Ora si scopre che
anche la percentuale di capitale investito è stata cambiata proprio per
non far risultare l’altissimo rischio imposto. Addirittura in alcuni
casi è stato scritto che il risparmiatore aveva speso il 15 per cento
della propria disponibilità anziché l’80, 90 per cento come era in
realtà.
La vigilanza
Una delega agli investigatori della
Guardia di Finanza riguarda il ruolo della Consob. La documentazione già
acquisita per ordine della magistratura dimostra infatti che il
prospetto informativo compilato prima dell’emissione non conteneva tutte
le indicazioni necessarie e dunque bisognerà verificare come mai sia
stato concesso ugualmente il via libera alla collocazione delle
subordinate sul mercato.
I pubblici ministeri vogliono verificare
tra l’altro se il fatto che dall’organo di vigilanza non fossero state
sollevate obiezioni possa avere in qualche modo agevolato anche la linea
dei vertici di Banca Etruria di rivolgersi a tutti gli investitori. Ma
dovranno anche accertare chi abbia fornito al direttore dell’area
Finanza quelle disposizioni.
I fidi «scoperti»
Le indagini
sui comportamenti che avrebbero portato Etruria alla bancarotta si
concentrano invece su quanto evidenziato nella relazione del commissario
liquidatore Giuseppe Santoni. Uno dei capitoli esplorati riguarda i
finanziamenti senza garanzie concessi a quattro grandi investitori su
delibera del consiglio di amministrazione guidato da Lorenzo Rosi e dai
vice Alfredo Berni e Pier Luigi Boschi (padre del ministro Maria Elena),
tutti indagati insieme ai componenti. Nell’elenco figura la Sacci spa
che ha ottenuto un fido da circa 60 milioni di euro, la Privilege Yard
con 20 milioni, la Isoldi con circa 7 milioni, la Hevea con altri 7.
Nella relazione Santoni viene evidenziato «il ritardo nel rendersi conto
delle sofferenze e nel recupero di oltre 100 milioni di euro». Soldi
che avrebbero potuto portare benefici al bilancio e che invece non
furono mai reclamati.