Corriere 11.5.16
Se è consentita la «bigamia»
di Luigi Ferrarella
Unioni
civili equiparate al matrimonio? Sì e no. La legge Cirinnà presenta
ancora qualche asimmetria. Per esempio, la bigamia non ha rilevanza
penale per le unioni civili.
E gli effetti collaterali nel penale
della nuova legge sulle unioni civili? Amnesia. Con esiti paradossali,
nella corsa del governo a blindare il voto con la fiducia. Il testo
Cirinnà, infatti, premette che le disposizioni che contengono la parola
«coniuge» si applicano «anche ad ognuna delle parti dell’unione civile
tra persone dello stesso sesso», ma «al solo fine di assicurare
l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli
obblighi derivanti dall’unione civile».
Il riflesso più evidente è
sull’omicidio, la cui pena base 21-24 anni sale a 24-30 anni se si
uccide il coniuge: ma poiché l’omicidio non è certo norma a
rafforzamento «degli obblighi derivanti dall’unione civile»,
l’aggravante non potrà pesare su assassini legati da unioni civili alla
persona assassinata, mentre continuerà a valere per mariti e mogli.
Stesso schema nei sequestri di persona: quando il pm blocca i beni
utilizzabili dal coniuge per pagare il riscatto, il blocco non potrebbe
essere imposto al coniuge legato da unione civile con il rapito.
Curiosa
anche la situazione dell’abuso d’ufficio commesso da pubblici ufficiali
che non si astengano in presenza di un interesse di un prossimo
congiunto come il coniuge: continuerà a essere reato per mariti e mogli,
ma non potrà incriminare i partner di una unione civile. Idem la
«bigamia», che finirebbe per non avere rilevanza penale in relazione
alle unioni civili tra lo stesso sesso, mentre la manterrebbe solo tra
coniugi uomo e donna.
Discriminazioni al contrario, cioè più
sfavorevoli per le unioni civili, parrebbero crearsi per tutta una serie
di condizioni che il codice continuerebbe a concedere solo a marito e
moglie: la non punibilità per chi fa falsa testimonianza, mente al pm o
compie favoreggiamento personale del prossimo congiunto; la non
punibilità di chi a favore di un prossimo congiunto commette reato di
assistenza ai partecipi di associazioni per delinquere o con finalità di
terrorismo; la non punibilità del furto o della truffa ai danni del
partner non legalmente separato.
E qualche paradosso si creerebbe
anche nei tribunali, dove oggi un giudice deve astenersi se il coniuge
fa il pm o è persona offesa dal reato: sbarramenti che non varrebbero
per partner dello stesso sesso legati da unioni civili.
Il fatto
poi che «l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla
coabitazione» sia stabilito dalla nuova legge solo per le unioni civili e
non anche per le convivenze di fatto, discriminerà i partner della
prima categoria che, diversamente da quelli della seconda, nel penale
rischieranno l’accusa di omicidio o lesioni personali per l’eventuale
medesima condotta di «mancata prestazione di cure o di alimentazione».
A
questa montagna di effetti indiretti c’è alla Camera un solo cenno nel
parere del «Comitato per la legislazione» il 12 aprile sul solo tema
dell’omicidio aggravato. Come rimediare se oggi la fiducia impedirà
correttivi? Gian Luigi Gatta, professore di diritto penale alla Statale
di Milano, arrivato in uno studio per penalecontemporaneo.it a contare
29 effetti penalistici «indiretti e inconsapevoli» delle nuove norme,
indica come ultimo treno forse «il decreto delegato di coordinamento che
il Governo dovrà adottare entro 6 mesi sulle unioni civili. Ma sulle
convivenze di fatto manca un’analoga delega legislativa».