sabato 9 aprile 2016

Repubblica 9.4.16
La polemica.
Nella fase più difficile dell’esecutivo i distinguo e i bilanci di imprenditori, politici e intellettuali vicini al renzismo
I fan della Leopolda avvisano “Il governo logora chi ce l’ha lui non può fare tutto da solo”
di Carmelo Lopapa

ROMA. Di tagliandi al suo governo il presidente del Consiglio non vuole sentir parlare. Lui corre, zero tempo per le soste. Ma dopo due anni a Palazzo Chigi, cosa ne è del governo Renzi? Sta andando incontro a un progressivo logoramento, come gli avversari sostengono? Lo slalom è ad alta pericolosità tra riforme ancora aperte, contiguità politica con Verdini, una vicenda petroli appena sbocciata e un caso Banca Etruria che fa fatica a chiudersi. In Parlamento i numeri dicono che certo non rischia, ma fuori dal Palazzo?
I tre banchi di prova decisivi sono imminenti. Il primo già la settimana prossima: il referendum sulle trivelle. E poi nel giro di poche settimane le amministrative e la consultazione costituzionale (in autunno) in cui il leader si gioca tutto. I primi dubbi, i primi distinguo, qualche perplessità emergono già in quegli osservatori esterni alla politica considerati pure di area o al più “diversamente renziani”, come qualcuno è stato definito. Il governo - è l’impressione diffusa - finisce col logorare chi ce l’ha. Sembrano già lontani i toni e i trionfalismi delle prime edizioni della Leopolda. Le critiche erano emerse in maniera esplicita e con qualche illustre defezione già all’ultima edizione fiorentina di dicembre.
Preoccupazione di fondo è che anche questo leader sia affetto dal vizio di chi lo ha preceduto (e non solo in Italia): che non stia dando vita cioè a una nuova classe dirigente, al netto di giovani ministri e ministre. E che dopo la rottamazione servano “nuovi contenuti”.
Parla dalla trincea dei comuni un renziano della prima ora come Giorgio Gori, oggi sindaco di Bergamo. «Non sempre lo sforzo del governo è andato pienamente a segno, ma la produttività di governo e Parlamento negli ultimi due anni è nettamente cresciuta, è stato un cammino obiettivamente faticoso: in questi 24 mesi sono emerse nuove difficoltà », è il bilancio che tira il fondatore di Magnolia, ex direttore di Canale5 e Italia1. Il governo non lo definirebbe logoro, «però è importante che a questo punto venga fatta emergere una vera nuova classe dirigente. Renzi a tratti appare troppo solo. Per portare l’Italia fuori dal guado ha bisogno di tutte le energie e delle persone capaci che ci sono in circolazione. Riuscire a coinvolgerle e a motivarle è la vera scommessa che lo attende». Ce la farà?
Siamo e restiamo in crisi, ricorda dall’alto dei suoi 83 anni Paolo Fresco, presidente nella Fiat post Romiti fino al 2003, che pure di Renzi è stato big sponsor negli anni della “rottamazione”. Convinto «che Matteo abbia portato un nuovo spirito positivo di rinnovamento », ma ammette anche che «ha un compito titanico: siamo ancora un paese gestito da una burocrazia autoreferente e autoalimentante. Ci vorrà una generazione per cambiare questo stato di cose. Renzi è sulla strada buona, anche se non c’è dubbio che siamo in crisi, come tutto il mondo occidentale».
Il think tank “Volta” è un progetto al quale il premier-segretario tiene parecchio, studiato e adesso lanciato (mercoledì scorso a Roma, un mese fa a Bruxelles) per “generare idee e progetti”, perché su quelli è evidente che bisognerà lavorare parecchio. Renzi ha affidato la presidenza del board al quarantenne e fidatissimo Giuliano da Empoli, economista, saggista. «Credo che l’effetto principale di due anni di governo Renzi sia stato quello di aprire spazi che prima non c’erano», racconta. «Sono crollati dei tabù che prima sembravano eterni, ora però bisogna proseguire, gli spazi creati dal disboscamento vanno riempiti di contenuti nuovi, altrimenti prima o poi tornano a galla quelli vecchi». La preoccupazione dell’eterno ritorno di chi non si rassegna resta uno spettro assai temuto dall’entourage renziano. «Adesso che un po’ di spazio in più c’è - conclude il capo di “Volta” - bisogna capire se ci siano soggetti nuovi in grado di occuparlo, portando qualità». Riempire i vuoti e riempirli di contenuti, dunque.
Poi c’è chi, come il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino, dell’attuale premier è stato uno dei baluardi, oltre che coscienza critica, fino a prenderne progressivamente le distanze. Un bilancio dei due anni di governo non vuole nemmeno farlo, il presidente. «Sono molto concentrato sulle questioni regionali - taglia corto - su quelle nazionali quel che che avevo da dire e da fare l’ho fatto dimettendomi da presidente delle Regioni, ora preferisco seguire, riflettere, lavorare ». Dimissioni, si ricorderà, in aperta polemica con le strategie economiche dell’esecutivo. Da allora, ponti saltati. Chi, nonostante tutto e pur definendosi “non tifoso”, mantiene una valutazione positiva è il fondatore di Eataly Oscar Farinetti. Renzi lo stima e lo considera comunque «la persona migliore per guidare l’Italia», abbattere il governo «sarebbe una follia». Un consiglio però all’amico lo rivolge: «Ascoltare di più le opposizioni, interna e esterna al Pd, perchè possono arrivare giuste indicazioni».