Repubblica 9.4.16
Pd, il fronte anti-premier assedia Palazzo Chigi “Serve un tagliando”
Asse Prodi-Bersani sulle trivelle: andiamo a votare no
Offensiva anche su amministrative e riforme
Matteo
Renzi è stato attaccato dalla minoranza del Pd nell’ultima Direzione
del partito lunedì scorso dove è stato presentato un ordine del giorno
contro la linea dell’astensione sulle trivelle
di Goffredo De Marchis
ROMA.
Il fronte anti-Renzi definisce gli obiettivi e prepara la vera partita
dentro il Pd da giocare tra le amministrative e il referendum
costituzionale di ottobre. Siccome il Pd e il governo,
nell’interpretazione di Renzi sono la stessa cosa, è chiaro che
l’assedio è contro Palazzo Chigi. Nella squadra ci sono Pierluigi
Bersani, Massimo D’Alema, Roberto Speranza e Gianni Cuperlo. Un po’
dentro e un po’ fuori, ne fa parte anche Romano Prodi. Più distante ma
pronto a rientrare si intravede Enrico Letta. «C’è anche lui certamente —
afferma Miguel Gotor — . Resta un punto di riferimento del riformismo
italiano».
Il percorso di “guerra” passa dal referendum
antitrivelle di domenica 17. Bersani vota No ma va alle urne, lo stesso
farà Prodi, Speranza e Cuperlo stanno con il Sì. Tutti comunque
condannano la scelta dell’astensionismo. Ma poi si individuano altre due
tappe fondamentali: le comunali del 5 giugno e la consultazione sulla
riforma costituzionale che Matteo Renzi considera la battaglia
principale per la sua sopravvivenza e lo dimostra il fatto che
interverrà in aula la prossima settimana in occasione del voto finale in
Parlamento. Sarà l’avvio della sua campagna referendaria. Per questo
Cuperlo sa che non va abbassata la tensione, che il suo attacco in
direzione non può essere lasciato cadere e rilancia: «Dopo gli sviluppi
dell’indagine di Potenza, è sempre più necessario un tagliando per il
governo».
In un’intervista al Corriere Bersani mette molte dita
nella piaga. Dice che al posto della Boschi si sarebbe dimesso, contesta
l’isolamento di Renzi e del suo cerchio magico, giudica Giachetti un
candidato debole per Roma e pone delle condizioni per il sì della
minoranza al referendum costituzionale. Sul Giornale il senatore di
Forza Italia Augusto Minzolini torna al suo mestiere di giornalista e
mette insieme i malumori dei verdiniani e dei dissidenti dem per
ritrarre un premier sotto scacco, ormai vicino a ricevere una spallata.
La
verità è che il fronte anti- Renzi ha ancora bisogno di tempo per
preparare il terreno e attende alcuni passaggi. Il referendum sul
petrolio è il primo, anche se quello con minori possibilità di successo.
Speranza ha organizzato un concertohappening a Potenza per discutere
con i cittadini del quesito e dell’inchiesta sul caso Tempa Rossa. «C’è
una rabbia senza precedenti. Alfano e Renzi hanno cancellato le visite
in questa regione. Ma il Pd non deve nascondersi, ecco perché è una
follia la scelta dell’astensione». La decisione di Renzi rischia,
secondo Speranza, di creare una nuova frattura in vista del referendum.
«Se prendi le distanze così, gli amministratori del Pd, quando ci sarà
il referendum costituzionale che toglie altri poteri al territorio, ti
si rivolteranno contro».
Si torna dunque al vero banco di prova
dell’assedio contro il premier che punta indebolirlo prima della
scadenza di ottobre. Maurizio Migliacca, bersaniano, dice al Giornale:
«Come voteremo? Lo decidiamo dopo le amministrative». La minoranza
chiede a Renzi chiarezza sull’elettività dei senatori, l’abolizione dei
capilista bloccati dall’Italicum («cadrebbero quasi tutte le obiezioni
alla riforma della Boschi», dice Federico Fornaro) e soprattutto un
chiarimento politico e pubblico.
«Con il quesito Renzi cerca un
plebiscito su di sè e il nucleo di un nuovo partito, del partito della
Nazione?» si chiede Bersani. Se è così, la minoranza è pronta alle
barricate. Anche se c’è in gioco la vita del governo. O forse proprio
per questo.
In verità, per la sinistra sarà difficile sfilarsi. Ma
dal presidente del Consiglio si attende un cambio di atteggiamento
completo. «Un’altra grammatica, un altro linguaggio», dice Speranza.
«Un’apertura del Pd anche ai comitati del no perché la Costituzione è di
tutti», rilancia Gotor. Paletti, condizioni, ultimatum. Questo è il
menù che la minoranza sta confezionando per il premier. Obiettivo
finale: il referendum di ottobre. Che succederà se Prodi dovesse
annunciare il suo no? O se lo facesse Letta?
Adesso la squadra dei
nemici di Renzi è a caccia di visibilità, di successi anche parziali.
Un’offensiva favorita dalle inchieste giudiziarie, dalle fratture dentro
l’esecutivo e dall’economia che stenta. «Sta venendo al pettine il
nodo. Se il Pd è il capo che parla in tv e i comitati elettorali sul
territorio, salta tutto».