Repubblica 9.4.16
“Solo la musica evita le barbarie”
Colloquio con Zubin Mehta alla vigilia delle celebrazioni in suo onore a Firenze
L’infanzia in India, l’incontro con i protagonisti del 900, la critica al presente 80 anni da maestro
di Leonetta Bentivoglio
FIRENZE
PRODIGI della musica o del Dna? Zubin Mehta compirà ottant’anni il 29
aprile e insiste nell’apparire bellissimo con la sua testa regale, il
piglio da seduttore e la carnagione d’ambra che testimonia la sua
origine indiana. Direttore d’orchestra premiato da un consenso
pluridecennale e internazionale, Mehta, per qualche strano miracolo, non
condivide le bizze delle super-star, coltivando virtù quali la
generosità e l’empatia. Ora è reduce dal Festival Rostropovich di Mosca,
dove a capo dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino ha meritato
un successone con Aida in forma di concerto. L’Opera di Firenze, cui è
legato dall’85, festeggerà il suo compleanno rotondo il 24 aprile, nella
serata inaugurale del 79° festival del Maggio. Zubin dominerà l’evento
dalla postazione che gli è più congeniale, il podio, presentando «un
programma tutto beethoveniano, col quinto Concerto per pianoforte e
orchestra, di cui Andras Schiff sarà il solista, e la monumentale Nona
Sinfonia ».
Eseguirà ancora Beethoven il 29, data esatta
dell’anniversario, dentro la sala d’oro del Musikverein di Vienna,
insieme ai Wiener Philharmoniker e con l’amico Daniel Barenboim al
pianoforte per il Concerto n. 3. Poi tornerà a Firenze in giugno per un
recital col soprano Diana Damrau (Strauss e Mozart) e per la Missa
Solemnis di Beethoven in Duomo. Intanto l’Opera di Monaco di Baviera lo
accoglie per dirigere titoli operistici, e lui ha in calendario altri
appuntamenti a Israele e a Bombay, sua città natale.
Spiega che
sarebbe lieto di non rammentare ogni dettaglio del suo passato, per non
sentirlo così lungo. «Invece ho una memoria eccellente e ricordo tutto:
il mio arrivo in Europa da ragazzo, gli studi a Vienna dove conobbi i
giovanissimi Claudio Abbado e Daniel Barenboim, e il 1961, durante il
quale ci sono state alcune significative “prime volte”: il debutto alla
guida sia dei Wiener sia dei Berliner Philharmoniker, due orchestre con
cui si è stabilita una felice intesa che ha ormai superato il mezzo
secolo; l’inizio del mio forte rapporto con Israele, dove nell’81 sono
stato eletto “direttore a vita” della Israel Philharmonic; e il primo
incarico fisso come direttore dell’Orchestra Sinfonica di Montréal». In
seguito sarebbero giunti gli impegni direttivi alla Filarmonica di Los
Angeles e a quella di New York, e altri risultati ai livelli più alti
del firmamento musicale d’Occidente.
Ma benché Zubin viva da tempo
tra Stati Uniti ed Europa, mantiene salda l’India nel cuore: «Ho
fantasticato di passare la vecchiaia nella natura del Kashmir, in una
casa davanti al punto di confluenza tra Gange e Jamuna. Invece eccomi
qui, a dirigere in giro per il mondo. Eppure non c’è terra che mi
appartenga quanto la mia, e mi capita spesso di sognare i suoi sapori
speziati. Quando sono a Bombay adoro mischiarmi a incredibili fiumane di
gente per le strade, e in America mi manca la possibilità di parlare il
dialetto con cui sono cresciuto: deriva dalla lingua gujarati, la
stessa del Mahatma Gandhi».
Mehta discende da una nobile famiglia
di tradizione parsi, i seguaci di Zarathustra che fuggirono dalla Persia
per sottrarsi al dominio arabo. In India costituiscono una piccola
minoranza, il che forse ha nutrito la sua profonda relazione con gli
ebrei: «Sono numerose le affinità tra la cultura giudaica e la parsi,
che ha una religione monoteista», osserva. «E come gli ebrei diamo molto
peso all’educazione». In tale prospettiva, col fratello Zarin, ha
creato a Bombay la Mehli Mehta Foundation, intitolata al padre che era a
sua volta direttore d’orchestra, e votata alla formazione musicale dei
bambini. È attivo in progetti pedagogici pure a Israele, malgrado il
dolore che gli procura l’atteggiamento dell’attuale governo israeliano,
«che mi pare interessato solo a mantenere lo status quo», sostiene,
«coalizzandosi coi religiosi fanatici e diffondendo idee di massima
chiusura». Americano d’adozione, Zubin è deluso anche da Obama, che a
suo giudizio «non ha fatto nulla di concreto per risolvere la situazione
in Medio Oriente».
Lo angoscia questo presente che definisce
«bestiale e assediato da minoranze violentissime capaci di condizionare
le sorti del pianeta. Intanto l’Africa soffre e sta per esplodere ma
nessuno ne parla, come se il continente non esistesse». L’impresa nella
quale sa di potersi adoperare con più efficacia in nome della pace e del
progresso è il suo mestiere meraviglioso, «che non prevede routine e i
cui capolavori non smettono mai di emozionarmi. La grande musica può
elevare davvero lo spirito delle persone, oltre i confini e le
differenze, grazie al messaggio di civiltà che esprime».