sabato 9 aprile 2016

Repubblica 9.4.16
Le nozze Mediaset-Vivendi che fanno paura alla Rai
di Ettore Livini

MEDIASET va a nozze con Vivendi e diventa azionista indiretta — un vecchio sogno di Silvio Berlusconi — di Telecom Italia. Sky riunisce tutte le sue piattaforme europee in un unico contenitore per respingere l’assalto di Netflix mentre Bolloré e Murdoch — a caccia di contenuti — studiano lo shopping tra le case di produzione tricolori. Il riassetto dell’etere nazionale è ripartito all’improvviso e con il botto, mischiando le carte del vecchio duopolio e lasciando (in apparenza) inchiodato ai blocchi di partenza uno dei suoi protagonisti principali: la Rai.
Viale Mazzini, ha detto il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, deve avere «l’ambizione di esondare oltre la tv». I soldi per pensare in grande, in teoria, non mancherebbero, visto che l’inserimento del canone nella bolletta elettrica dovrebbe portare in dote 200 milioni di entrate in più. Al momento però la televisione pubblica pare costretta a fare da spettatore alle grandi manovre dei concorrenti, impegnati in un valzer di alleanze che rischiano di relegarla a un ruolo di comprimaria.
L’asse tra Arcore e Parigi, ad esempio, complica i giochi della Rai su almeno due fronti. Il primo è la ricerca di nuove piattaforme distributive. Nei mesi scorsi i vertici della controllata del Tesoro hanno rinnovato l’accordo per veicolare parte dei loro prodotti su Timvision, la internet tv di Telecom che in linea teorica potrebbe diventare pure la base per lanciare un’offerta pay. E con Tim esistevano già degli accordi sui programmi on demand. Cosa succederà ora che Mediaset, il suo principale concorrente, ha firmato un’alleanza di ferro con il primo azionista dell’ex monopolio delle telecomunicazioni?
Stesso discorso vale per le torri di Rai Way. Lo scorso anno Ei Towers (la controllata delle antenne Mediaset) aveva proposto un’inedita alleanza a due con il rivale. La proposta però è stata respinta al mittente e adesso il Biscione punta su Inwit, le infrastrutture di Telecom. Un corteggiamento serrato con tanto di Opa che — visti i chiari di luna — ha ottime possibilità di andare in porto, creando un polo nazionale da cui le infrastrutture pubbliche rischiano di rimanere fuori. Fino a poco tempo fa la presenza ingombrante di Silvio Berlusconi (leader di uno dei maggiori partiti d’opposizione) in queste partite decisive per il futuro dell’etere tricolore avrebbe scatenato una bufera, sufficiente per mettere al riparo la Rai da sorprese sgradite. Oggi il clima è cambiato: la stella politica dell’ex Cavaliere è appannata, il governo non pare disposto ad alzare barricate contro le mosse di Mediaset. E l’aggancio virtuale di Arcore a Telecom rischia di mettere in seria difficoltà la controllata del Tesoro.
Viale Mazzini, ovviamente, non sta con le mani in mano. In questi mesi ha introdotto la direzione creativa e quella digitale, ha nominato Carlo Verdelli direttore editoriale, ha messo un po’ d’ordine nella giungla dei 250 siti di gruppo e rivisto contenuti e presenza di spot. Obiettivo, nobilissimo, riconquistare il ruolo di servizio pubblico e — se possibile — spettatori tra i giovani. L’agenda, insomma, è piena. Il rischio però è che la Rai — impegnata doverosamente a rimettere ordine in casa propria — perda il treno delle trasformazioni di un settore che con l’arrivo di Netflix e il boom di tablet e smartphone sta ridisegnando la sua mappa in una partita dove in campo ci sono i big delle tlc, i grandi network e i produttori di contenuti. I concorrenti, più ricchi e disinvolti, l’hanno capito e stanno tentando di sfruttare l’occasione. Il nuovo Eldorado della tv, è il mantra di oggi, sono i contenuti. E tanto Sky come Vivendi stanno lavorando dietro le quinte in queste ore per cercare accordi con i principali protagonisti di casa nostra: Cattleya, Lucisano, Wildside, Palomar, Lucky Red e Indiana production. Campo Dall’Orto lo sa. E i prossimi mesi ci diranno se e come la Rai sceglierà di ballare nel valzer di alleanze da cui nascerà la tv del futuro.