sabato 9 aprile 2016

il manifesto 9.4.16
Scuola
Firmato il contratto per la mobilità per un milione di docenti e Ata
Accordi. Nulla di fatto sulla titolarità dei docenti neo-assunti. L'intesa non risolve gli errori di una riforma «autoritaria». Oggi parte la raccolta firme per il referendum abrogativo

Sindacati della scuola e ministero dell’Istruzione (Miut) hanno firmato il contratto per la mobilità per un milione di docenti e personale scolastico. È un atto che per i i sindacati segna un contenimento di alcuni effetti incostituzionali della riforma renziana della scuola che i sindacati definiscono «cattiva scuola». Uno, su tutti, è il potere del preside di chiamare direttamente i docenti, soggetti alla “mobilità” tra istituti, gradi di istruzione, tipologie di posto e classi di concorso.
Flc-Cgil, Uil e Cisl scuola hanno siglato l’accordo perché è stato neutralizzato il tentativo del governo di sottoporre tutti i docenti e il personale alla cura Renzi: vincolare la mobilità alla discrezionalità del dirigente scolastico. La loro opposizione nulla tuttavia ha potuto contro la determinazione del governo di applicare questo aspetto ai docenti neoassunti dalle graduatorie in esaurimento nel piano straordinario nelle «fasi B e C». Oltre 50 mila persone saranno assunte in base ai cosiddetti ambiti territoriali: un denominazione che per i sindacati è soltanto di carattere geografico amministrativo, mentre per il governo corrisponde a un albo professionale da cui i presidi chiameranno a loro discrezione.
L’accordo raggiunto da sindacati e Miur assicura dunque ai docenti titolari in provincia e i docenti che hanno già una titolarità di scuola possano chiedere un’altra sede, acquisendone la titolarità; anche nella fase interprovinciale, ma limitatamente al primo ambito territoriale scelto. Questa opzione non è garantita invece ai neo-assunti che avranno la titolarità in ambito territoriale in ogni fase di mobilità territoriale prevista.
Un’altra richiesta dei sindacati è stata bocciata: quella di posticipare di un anno l’avvio delle procedure legate alle assunzioni straordinarie. Il governo ha chiuso tutte le porte e, per la Flc-Cgil, ha posto un veto esplicito.
Fonte potenziale di arbitrio lesivo di un diritto costituzionale dei lavoratori della scuola, la «chiamata diretta» dei presidi è l’oggetto di uno dei quattro quesiti referendari promossi dal comitato dei «referendum sociali». Oggi e domani inizierà la raccolta delle 500 mila firme per arrivare al referendum abrogativo della legge nella primavera del 2017.
L’accordo «non risolve, né avrebbe potuto farlo, tutti i limiti e gli errori di una legge da noi fortemente contestata, ma ne attenua in buona misura l’impatto – sostiene il segretario generale della Cisls scuola, Maddalena Gissi – soprattutto salvaguardando quanto più possibile il mantenimento della titolarità su singolo istituto e non su ambito».
La procedura sarà articolata in più fasi: la prima inizia l’11 aprile e durerà fino al 22. Riguarda i docenti titolari. Per Pino Turi (Uil scuola), undici giorni sono troppo pochi per presentare la domanda. Seguiranno le operazioni relative al personale educativo, Ata e ai docenti di religione. Mentre a maggio sarà la volta della mobilità straordinaria che interesserà 200 mila persone.
La battaglia sindacale proseguirà ancora sulla spinosa questione degli «ambiti territoriali». Le lunghe trattative, costellate di voci e falsi allarmi, hanno portato alla creazione di una contrattazione dedicata ai docenti che acquisiranno la titolarità sugli ambiti e saranno assegnati alle scuole. La sequenza riguarderà tutti i docenti che, al termine dei movimenti, risultino privi di titolarità di scuola. Per la Flc-Cgil è un modo per «sottrarre» alla discrezionalità del dirigente scolastico una libertà dei docenti. Si prova così a «vanificare uno degli aspetti più odiosi, e incostituzionali» della legge Renzi-Giannini.
«Il governo – sostiene il segretario Flc-Cgil Domenico Pantaleo – ha dovuto recedere dall’impostazione autoritaria della legge 107/15 e riconoscere il valore del contratto. Nessuno deve restare escluso e nessuno spazio deve essere lasciato alla discrezionalità dei dirigenti». Il consenso definitivo all’accordo è condizionato dall’esito delle assemblee con gli iscritti del sindacato.