il manifesto 9.4.16
Virgilio, la ministra Giannini prende le difese della preside sceriffo
Educare
e punire. Una telefonata di solidarietà da Viale Trastevere fa uscire
dall'angolo la discussa dirigente scolastica Irene Baldriga: "Un atto
importante per la scuola italiana"
E ha ragione: nel liceo romano
si sta giocando una partita importante: dopo l'arresto di uno studente
per spaccio di 2,5 g di hashish, ora si vuole legittimare la "normalità"
dell'intervento della polizia a supporto del preside-manager
Le reazioni dei genitori democratici accusati dalla preside di avere "aizzato" la contestazione
di Roberto Ciccarelli
ROMA
La ministra dell’Istruzione Stefania Giannini sposa il modello legge
& ordine al liceo Virgilio di Roma. Silente dal 22 marzo, quando
un diciannovenne è stato arrestato dai carabinieri della stazione
Farnese per la vendita di 2.5 grammi di hashish a un altro studente
minorenne, ieri è intervenuta a favore della preside Irene Baldriga,
facendola uscire dall’angolo.
E la preside, sollevata, ha
riconosciuto l’”importanza” di un gesto che legittima un modello
educativo che si sta estendendo in molte scuole italiane: affrontare la
diffusione della cannabis tra gli studenti con la loro
criminalizzazione. Il risultato sarà probabilmente quello di provocare
un costante aumento del consumo di sostanze di stupefacenti soprattutto
da parte dei più giovani. Invece della prevenzione e del dialogo,
educare e punire.
È il circolo vizioso del proibizionismo e della
reaganiana “guerra alla droga” adattate alla scuola italiana. Su questo
modello oggi si sta giocando una partita politica importante:
legittimare l’idea che i conflitti con i presidi manager nella “Buona
Scuola” di Renzi possano essere risolti con la polizia.
«La
ministra Giannini ha ribadito l’impegno da parte del ministero sul
fronte della prevenzione e dell’aiuto alle scuole” ha detto Baldriga. In
mancanza di una dichiarazione diretta del ministro, la fonte è la
discussa preside del Virgilio.
La “solidarietà” di Giannini è a un
modello repressivo che, nei primi tre mesi del 2016, ha imposto la
perquisizione degli studenti in decine di classi da Arzachena alla
Brianza, da Pontedera a Teramo, da Udine a Marsala. Ormai si dà per
acquisito che le forze delle ordine, con i cani anti-droga, possano
entrare negli istituti a qualsiasi ora per effettuare operazioni come
negli stadi, ad esempio. Nel modello “educare e punire” l’ora di
educazione civica sarà sostituita con quella delle perquisizioni
personali agli studenti-ultras e potenziali devianti.
Questo è il
cuore del dibattito al Virgilio, diventato nelle ultime settimane il
palcoscenico della politica scolastica. Prima un’interrogazione di
Sinistra Italiana alla ministra Giannini sull’opportunità dell’arresto
di un giovane in una scuola e su un corso anti-droga organizzato da una
fondazione vicina a Scientology; poi un rosario di interventi delle
destre scatenate con Meloni e Giovanardi. Poi il candidato sindaco a
Roma Marchini e il sindacato di polizia Cosap. Ieri la lista “Noi con
Salvini” ha organizzato un flash mob davanti all’istituto. Nemmeno
l’associazione nazionale dei presidi ha fatto mancare l’appoggio al
modello “educare e punire”. È stato promosso sui media, anche nazionali,
il “caffé solidale” con la preside Baldriga.
L’offensiva è a
tutto campo e va avanti come uno schiacciasassi. L’istituzione
scolastica sembra avere rinunciato a ogni forma di mediazione e non
intende recuperarla attraverso strumenti della partecipazione e del
dialogo. Si aprono così nuovi scenari del controllo, dell’esibizione
della forza e di una dura reprimenda contro i genitori degli studenti e
del collettivo del Virgilio che criticano il modello securitario.
I
genitori, rappresentati dalla lista maggioritaria “Insieme” in
Consiglio di Istituto, ieri hanno rifiutato l’accusa di “essere
conniventi con l’illegalità. Non abbiamo sentito nessun genitore
difendere il consumo di droga, il fumo nella scuola. Ci siamo, invece,
confrontati sulle metodologie più efficaci e stiamo ovviamente
riflettendo su quello che è successo e come si sarebbe potuto evitare –
continua il comunicato – preservando la specificità dello spazio
educativo. È importante non fomentare i conflitti tra buoni e cattivi
genitori o studenti”.
La posta in gioco in questo conflitto, pieno
di emotività e di tensione, emerge nella lettera personale che
Francesca Valenza, che fa parte della lista “Insieme” ha inviato ieri
alla ministra Giannini: “La preside sceriffo che risolve tutto, ma che
lascia indietro gli studenti, che non la seguono, che abbandonano la
scuola, la repressione che dovrebbe risolvere il problema della droga.
Gli studiosi dicono che questi metodi sono inefficaci e in Italia, più
si aumenta la repressione più aumenta il consumo. Non staremo sbagliando
qualcosa? – scrive – Qualcuno ha strumentalizzato con molta abilità
questa faccenda squallida, a spese di una riflessione sana e utile alla
comunità”.
“La scuola non può essere un luogo dove opera la forza
pubblica – sostiene Angela Nava, presidente dell’associazione nazionale
genitori democratici – Dobbiamo ragionare su quello che la scuola è,
perché nel momento in cui si chiamano i carabinieri e la polizia vuol
dire che si sta alzando bandiera bianca, chi lo fa segnala la sua
impotenza. Come associazione Genitori Democratici pensiamo che la scuola
possa essere un luogo invalicabile dove vivono concretamente pratiche e
percorsi educativi e non meramente repressivi”.
“Educare con la
repressione non è mai stata una strada da perseguire e non è per nulla
efficace – sostiene il deputato di Possibile Pippo Civati – Al Virgilio
si è assistito a una reazione eccessiva del dirigente scolastico che
pensa di colmare un disagio facendo entrare la polizia a scuola e
accusando i ragazzi e le famiglie di essere estremisti solo per aver
contestato gli agenti nel liceo e l’uso eccessivo e disinvolto delle
telecamere. Si torni al dialogo e si cerchino insieme gli strumenti per
affrontare il tema senza irrigidirsi”.