Repubblica 9.4.16
Il sonno della buona borghesia che generò i mostri del Circeo
di Silvana Mazzocchi
Nel
fluviale “La scuola cattolica”, in gara allo Strega, Edoardo Albinati
rievoca la sua vita studentesca. E tra i personaggi spicca Angelo Izzo
Un
quartiere, una scuola. E l’adolescenza, i turbamenti amorosi,
l’insicurezza, ma anche e sempre la violenza come valore di virilità, la
sopraffazione, il sesso, lo stupro, il delitto, la perdita
dell’innocenza e la deriva di un cinismo crudele che sconfina da tempo e
spazio. Lo scenario è il quartiere romano Trieste negli anni Settanta,
con le palazzine ordinate e il San Leone Magno, l’istituto frequentato
dai figli dei nuovi benestanti romani, il cuore religioso, la cornice da
dove tutto parte e dove tutto ritorna.
È un racconto fiume dalle
molte storie intrecciate tra realtà e fantasia, con nomi veri o del
tutto inventati, La scuola cattolica (Rizzoli) il romanzo candidato allo
Strega di Edoardo Albinati, scrittore e insegnante di lettere nel
carcere di Rebibbia. Costruito intorno a una folla di personaggi:
compagni, professori, sacerdoti, fasci stelli e ragazzi per bene,
criminali e terroristi, mille e trecento pagine. Un mosaico mobile dove
compare, scompare e riappare, l’evento centrale di quel magma sociale e
politico, anima nera di un ambiente apparentemente innocuo e tranquillo:
il delitto del Circeo, (sempre citato solo con la sigla DdC, proprio
come SLM sta a evocare la scuola), l’assassinio compiuto il 29 settembre
1975 da Angelo Izzo, Andrea Ghira e Gianni Guido, mai citati con nome e
cognome, a eccezione di Angelo, fratello di un compagno di classe
dell’autore.
Albinati passa al setaccio la classe media,
l’identità maschile, la famiglia borghese e percorre innumerevoli rami,
con frammenti, immagini, considerazioni. Insiste sul quartiere Trieste
(il QT del libro), placido e tradizionalista all’apparenza, ma «palestra
preferita della violenza politica: perché esattamente come una palestra
era vuoto, sgombro di reminescenze ». Un luogo dove «in quegli anni si
concentrò il più gran numero di omicidi gratuiti, attentati e agguati
politici, uccisioni premeditate o per errore, cacce all’uomo e
rappresaglie». In quelle strade prendono vita in molti; dal suo più caro
amico dell’epoca, il geniale e insostituibile Arbus, a tanti altri
protagonisti e comprimari. Per puntare con insistenza sul 1975, un anno
che fa «sgambettare gli altri», perché «non c’è nulla come gli abusi e
gli eccessi» a far avanzare il tempo e a fissarlo. E, proprio come
ondeggia la memoria e la sua percezione, Albinati spazia fra vita
scolastica e famigliare, torna sulla religione che s’innesta con lo
sperdimento adolescenziale, sull’amicizia, sui pomeriggi e le merende
con i compagni, sui ricordi delle prime ragazze: la voglia di sesso, gli
ormoni alle stelle e il rapporto con il corpo femminile che può
diventare «un oggetto intercambiabile e accumulabile ». E di nuovo
l’abisso, i demoni, la violenza scatenata nella villa del Circeo «prova
lampante che, quando tutto è possibile, tutto, inevitabilmente avviene».
Il
branco, lo stupro e l’omicidio; due povere ragazze, di 17 e 19 anni,
una uccisa e una salva soltanto perché si finse morta, ambedue rinchiuse
nel bagagliaio della macchina abbandonata dagli assassini in una strada
silenziosa del Qt, che poi si diressero, paciosi, in pizzeria. Viene
evocato più volte il delitto e le molte decine di pagine che gli sono
dedicate sono sparse dall’inizio alla fine, mostrando l’altra faccia del
quartiere e delle virtù borghesi, per ricomporsi in una sorta di
crocevia feroce, epilogo inevitabile di uno scontro di classe e di
culture nutrito di pregiudizi, privilegi e di un’ arroganza criminale
compulsiva, destinata a fondere passato e futuro. All’ultimo anno,
proprio come aveva già fatto l’amico Arbus, Edoardo Albinati lascia la
scuola cattolica. Se ne va al vicino Giulio Cesare, dove viene destinato
alla sezione M, l’ultima, quella dei ripetenti o dei “reietti”, coloro
che provengono dagli istituti privati. Lì, Albinati cambia pelle ed
entra in un collettivo “anarco comunista”, ha le prime ragazze, viaggia,
cresce. In seguito, ritrova Arbus, conosce i destini della madre e
della sorella, Leda, uno dei suoi primi amori e, attraverso la finzione
dei ritrovati diari del professor Cosmo, offre una conclusiva summa di
riflessioni.
Avverte Edoardo Albinati che, al di là degli episodi o
dei personaggi inventati o costruiti con diverse proporzioni di
finzione, la sua narrazione non ha alcuna pretesa di verità, né storica
né alternativa. Neanche per il centrale delitto del Circeo di cui ha
voluto, semmai, «restituire l’atmosfera decontaminata dalla retorica».
Impresa riuscita, a dimostrazione dell’eterna “banalità del male”.
IL LIBRO La scuola cattolica di Edoardo Albinati ( Rizzoli, pagg. 1294 euro 22)