Corriere 9.4.16
Avventure di Skorzeny
Fra verità e qualche bugia
risponde Regio Romano
Paolo
Salom, nell’articolo «La vera storia dell’SS del Duce» ( Corrier e, 29
marzo), scrive che Otto Skorzeny avrebbe ricevuto da Hitler l’incarico
di liberare Mussolini, tenuto prigioniero a Campo Imperatore.
Ma
in una trasmissione tv si è sostenuto che il protagonista di quella
azione fu il maggiore Harald Mors, e che Skorzeny, infilatosi di
prepotenza nell’aereo che portava via il Duce, si sarebbe poi attribuito
il merito dell’operazione. Qual è la verità?
Vittorio Ciarrocchi
Caro Ciarrocchi,
La
fonte principale, per coloro che cercano di ricostruire le spericolate
peripezie dello Sturmbannführer (maggiore) Otto Skorzeny, è
un’autobiografia che apparve anche in Italia nelle edizioni del Borghese
con il titolo Vivere pericolosamente . Ma questo soldataccio prediletto
da Hitler combinava il suo indubbio coraggio con un incontrollabile
narcisismo e aveva l’abitudine di colorire vivacemente il racconto delle
sue avventure. Ebbe probabilmente una parte importante nella indagine
che permise ai comandi tedeschi di individuare il luogo (Campo
Imperatore) in cui il governo Badoglio aveva confinato Mussolini; ma la
spedizione era comandata dal generale delle forze aerotrasportate Karl
Student. Skorzeny ne divenne l’eroe perché rimase incollato a Mussolini
dall’inizio alla fine della operazione. L’aereo era una piccola Cicogna e
il maggiore delle SS era un gigante (due metri d’altezza e 100 kg) che
non avrebbe mai dovuto essere il terzo passeggero di un aereo costruito
per due persone. Ma disse che stava eseguendo gli ordini di Hitler e
nessuno osò impedirglielo.
Non obbediva agli ordini di Hitler,
invece, quando, dopo l’attentato a Hitler del luglio 1944, creò un corpo
speciale per la eliminazione fisica dei congiurati prima di qualsiasi
processo. Nelle sue memorie Albert Speer racconta di averlo incontrato,
nelle ore immediatamente successive all’attentato, di fronte al
Bendlerblock, il Pentagono tedesco, dove le SS fucilarono il colonnello
Claus von Stauffenberg, l’uomo che aveva collocato la bomba nella stanza
in cui Hitler presiedeva una riunione.
L’ammirazione di Hitler
per Skorzeny non era una invenzione. Poco più di un anno dopo, quando la
Wehrmacht lanciò una grande offensiva contro il punto più debole dello
schieramento alleato, fra il Belgio e il Lussemburgo, Hitler dette a
Skorzeny il compito di organizzare e realizzare una operazione che
avrebbe seminato il caos nelle file americane. Il maggiore delle SS ebbe
il compito di formare una compagnia di soldati tedeschi che avrebbero
indossato divise americane, utilizzato materiale americano e parlato
inglese con un accento americano. L’operazione Grifone, come venne
denominata, colse parecchi successi e divenne leggenda quando si diffuse
la voce che tra i suoi compiti vi fosse quello di catturare il generale
Eisenh ower, comandante in capo delle forze alleate. Su questa voce un
magistr ato scrittore, Carlo Nordio, ha scritto un romanzo ( Operazione
Grifone , Mondadori 2014) in cui la finzione diventa realtà.
Alla
fine della guerra, mentre era a Norimberga in attesa di un eventuale
processo, Skorzeny negò che il suo obiettivo fosse la cattura di
Eisenhover. Diceva probabilmente la verità, ma in quel momento, mentre
cercava di sottrarsi alla giustizia alleata, aveva interesse a non
incorrere nella collera americana. Le dichiarazioni di Skorzeny, quindi,
vanno prese con le molle; e questa prudenza è consigliabile anche per
tutto ciò che concerne i suoi rapporti con il Mossad se non è confermato
da autorevoli organi di stampa come quelli citati nell’articolo di
Paolo Salom.