Corriere 9.4.16
Stravinsky, Chagall, Calder e gli altri: musica da guardare, arte da ascoltare
Dal 20 aprile al Pompidou-Metz quaranta opere accompagnate da concerti, spartiti, video
di Sebastiano Grasso
Scimmiottando
le mosse dei suonatori di klezmer (musica di tradizione ebraica con
violino, violoncello, clarinetto, tromba, cimbalom) alcuni bambini, per
strada, aprono la marcia nuziale de Le nozze (1910) di Marc Chagall,
mentre dagli usci si affacciano i bottegai russi. Al centro, i due
sposi. Sui lati, un portatore d’acqua e la madre del pittore dinanzi al
proprio negozio con l’insegna in cirillico.
Un «divertente profilo
umano stilizzato» con semicerchi, linee rette, angoli, un occhio
rappresentato da un cerchio nero dentro uno rosso, un nastro ondulato,
una bandiera danno vita a Giallo, rosso, blu (1925) di Vassily
Kandinsky. Ed ecco, al Centre Pompidou-Metz (dal 20 aprile), il concerto
Musicircus , con brani di Mussorgsky e Stravinsky, a cura di Emma
Lavigne e Anne Horvath: 40 opere — alcuni artisti erano anche musicisti,
così come taluni musicisti erano anche pittori —, accompagnate da
spartiti, video, fotografie, scritti teorici e poetici, disegni
preparatori. Arti visive e ritmo per «una rilettura della storia
dell’arte attraverso il prisma musicale».
Le note de Il mattino di
Edvard Grieg — straordinario e commovente interpretazione
dell’affacciarsi della luce sulla costa norvegese della natìa Bergen —
introducono la musica del Piano ortofonico (1920-23) di Wladimir
Baranov-Rossiné, precursore della cosiddetta «musica cromatica» (sullo
schermo ad ogni nota corrispondeva un colore).
Tutti in pista. C’è
Alexander Calder ( 31 janvier ), che prima di trasferirsi a Parigi
viveva fra suoni e colori dell’America primitiva, attratto dalle tende
indiane, le cui composizioni vengono mosse da soffi leggerissimi,
qualche filo d’aria o un lieve tocco delle dita. Nessuno meglio di lui —
autore di un Circo Calder , fatto di sculturine in filo di ferro col
quale a Montparnasse metteva su spettacoli per gli amici (Tzara, Léger,
Cocteau, Dufy, Le Corbusier, Man Ray) poteva entrare a far parte del
Musicircus .
C’è anche il ceco František Kupka ( Musica ), che per
mantenersi all’Accademia di Praga aveva fatto anche il medium. Dopo
avere studiato i movimenti del corpo umano e delle forme vegetali e
biologiche, negli anni Venti-Trenta con le composizioni ispirate dalla
macchina e dal jazz, giunge al «macchinismo»; ma anche all’astrazione
totale («Vado avanti a tentoni, ma credo di poter trovare qualcosa fra
la vista e l’udito che possa riprodurre una fuga a colori, come Bach ha
fatto in musica»). Presenti anche Robert e Sonia Delaunay ( Ritmo ),
Marcel Duchamp ( Disco ottico ), Yves Klein ( Antropometria dell’Epoca
blu ), Arman ( Waterloo di Chopin ), Nam June Paik (assieme a Charlotte
Moormann, interpreta una piéce di John Cage) e molti altri, influenzati
dal pentagramma.
Kandinsky fa la parte del leone. Oltre a La
grande porta di Kiev , Gnomus , Accento in rosa , c’è anche la
ricostruzione dei suoi murales per la Jury kunstschau tenutasi al
Gaspalast di Berlino nel 1922.
Giallo, rosso e blu è del 1925, s’è
detto. Ma già verso il 1910 l’artista russo aveva dato un colpo di
spugna al proprio passato pittorico per ricominciare tutto daccapo. Col
1910, infatti, inizia il periodo fondamentale per la sua arte: il
passaggio dal figurativo all’astratto. A dicembre si apre la prima
mostra del «Cavaliere azzurro». Fra gli altri, oltre a Kandinsky vi
partecipano Bloch, Macke, Marc, Rousseau, Delaunay, Epstein e il
musicista Schönberg. L’accostamento con la musica avviene gradualmente,
quasi che l’artista volesse guadagnarsi il diritto di sprofondare in
nuove e sino ad allora mai tentate avventure. Ed ecco l’alleanza con la
musica: «Mi sembrava che l’anima viva dei colori emettesse un richiamo
musicale, quando l’inflessibile volontà del pennello strappava loro una
parte di vita», annoterà Kandinsky. Armonia e ritmo lo porteranno verso
una concezione del colore come suono, in cui gradualmente dominano
l’azzurro, il rosso, il giallo. Nel rapporto musica-pittura, Kandinsky
maturava una scoperta fatta alcuni anni prima, in qualità di spettatore,
del Lohengrin di Wagner («I violini, i profondi toni dei bassi e,
soprattutto di quell’epoca, gli strumenti a fiato, rendevano per me
tutta la forza di quell’ora prenotturna. Vidi nella mente tutti i miei
colori; erano lì davanti ai mei occhi. Linee selvagge, quasi pazze. Non
mi permettevo di credere che Wagner avesse descritto musicalmente “il
mio momento”. Per me divenne comunque chiaro che i miei dipinti potevano
sviluppare la stessa forza che aveva la musica»). Da lì, i quadri
«sinfonici» che lo faranno diventare una sorta di direttore d’orchestra
della tavolozza.