Repubblica 8.4.16
Gli incidenti aumentano e la capitale cinese bandisce le due ruote La gente protesta: “Limitate le auto”
La rivoluzione delle biciclette troppi scontri, Pechino le vieta
RENATA PISU
NIENTE
PIÙ biciclette nel cuore di Pechino, lungo la via Chang An, a piazza
Tienanmen, a Fuxingmen e in altri luoghi della città antica, lo ha
annunciato l’Ufficio del traffico municipale in base al numero degli
incidenti tra auto e biciclette: 31mila in un anno, nella sola capitale
113 morti, più di 20mila feriti. Che le vittime siano soprattutto i
ciclisti è ovvio, ma le due ruote non si salvano. La vittoria deve
essere delle quattro ruote che hanno contribuito a rendere mefitico il
clima di quella che era la capitale del Regno delle Biciclette, così
veniva chiamata la Cina. Infatti se a Pechino nel 1986, ancora il 63 per
cento della gente si spostava in bici, oggi la percentuale è scesa
drasticamente, forse addirittura sotto il 10 per cento. In bicicletta
vanno i poverissimi, oppure i ricchissimi nostalgici del tempo in cui si
pedalava, che però pedalano senza fatica, su biciclette di lusso
d’importazione, leggere e minimaliste: anche a loro però sarà vietato di
aggirarsi in centro su due ruote per pavoneggiarsi mostrando il loro
stile di vita salutare.
La limitazione del traffico delle bici in
città è una misura destinata comunque a sollevare opposizione. Il
problema del traffico di Pechino è dovuto al numero di automobili
circolanti e alla prepotenza degli automobilisti, così hanno subito
cominciato a twittare centinaia di cittadini, tra cui molti anziani
nostalgici dei tempi andati, quando i cinesi si sentivano “poveri ma
belli” e i “tre tondi” indispensabili per mettere su casa, cioè
l’orologio da polso, la ruota della macchina per cucire e la bicicletta,
erano quanto di meglio si potesse desiderare. Non era facile ottenerli i
“tre tondi”, bisognava meritarsi un “buono” che autorizzasse
all’acquisto e costavano parecchi mesi di salario: una bici della marca
nazionale più ambita, una Phoenix per esempio, massiccia, nera con un
campanello dal tintinnare imperioso, poteva costare quanto si guadagnava
in media in un anno, se si era impiegati o operai qualificati. Era un
vero status symbol che rendeva chi la possedeva più eguale tra gli
eguali. Tutti gli altri, i meno eguali, si arrangiavano con vecchie bici
di seconda mano, o di terza: il furto più temuto era quello della
bicicletta, come si racconta in un film del 2001 dal titolo Le
biciclette
di Pechino, storia di un ragazzino al quale viene
rubata la bici che gli serve per lavorare come pony-express e perde così
il lavoro. Oggi a Pechino i ciclisti andrebbero protetti come i Panda,
magari destinando loro delle piste ciclabili.
Pensare che negli
Anni ’60 e ’70, la marea ininterrotta dei ciclisti che si affollavano a
centinaia a ogni semaforo, per poi ripartire tutti insieme silenziosi,
con un leggero fruscio di consunte gomme, era diventata l’icona della
Cina popolare. Tutti vestiti di blu, anche le donne, fatta eccezione per
qualche gonna a fiori d’estate che le ragazze non esitavano a tirarsi
su fino in vita mettendo in mostra le gambe. L’industria nazionale non
contemplava la produzione di bici da donna, tutte avevano la canna, e
nemmeno c’erano bici per bambini, considerate un giocattolo, non uno
strumento di lavoro indispensabile. Così nel Regno delle biciclette, le
due ruote erano davvero sovrane, il numero di automobili per mille
abitanti era inferiore a 0,5, all’ultimo posto nel mondo. Fino al 1984
le auto erano riservate ai quadri di alto livello e i privati non
avevano il diritto di possederne. L’unica auto cinese interamente Made
in China era la Bandiera Rossa, sontuosa, imperiale, destinata ai più
uguali tra i più uguali, dal 1959 al 1981 ne erano state fabbricate poco
più di un migliaio. Mao scorrazzava su una Bandiera Rossa, anche sua
moglie e tutti i suoi cari. A volte si mostravano in parata, per lo più
però gli alti quadri circolavano con i vetri dalla parte dei passeggeri
oscurati da tendine di pizzo.
Tutto poi è cambiato nel 2001 con
l’entrata della Cina nel Wto e oggi i veicoli a motore sarebbero oltre
95 milioni, le biciclette circa 470 milioni, più 50 milioni di bici
elettriche. Ce la faranno le due ruote a imporsi sulle quattro ruote? O
saranno sconfitte? Si aspettano urgentemente contrordini.
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Indispensabile
per i poveri, il mezzo a pedali è da sempre uno status symbol per i
ricchi I veicoli a motore sono una conquista recente e sono una delle
principali cause di smog