Repubblica 6.4.16
Soldi ai medici per “truccare” le liste d’attesa
Salerno, tre ai domiciliari: duemila euro per intervento Indagato anche il neurochirurgo del “tumore” del Papa
di Dario Del Porto
Secondo
gli inquirenti “disponevano a piacimento della struttura pubblica” Il
giudice: “La scelta era pagare e salvarsi la vita o non farlo e correre
il rischio di morire”
SALERNO. Un primario ospedaliero
che «disponeva a piacimento della struttura pubblica» e operava
«prescindendo del tutto dalle liste di attesa», chiedendo agli ammalati
soldi che non gli spettavano. E un chirurgo di fama mondiale «che con la
sua presenza costituiva un riferimento rassicurante » per i pazienti ma
entrava in sala operatoria senza essere autorizzato. Funzionava così il
reparto di Neurochirurgia dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi
d’Aragona di Salerno, a leggere le carte dell’inchiesta che ha portato
agli arresti domiciliari con l’accusa di concussione tre persone: il
primario Luciano Brigante, il medico e docente universitario a Pisa
Gaetano Liberti e la caposala Annarita Iannicelli. Per concussione è
indagato anche Takanori Fukushima, celeberrimo neurochirurgo giapponese,
lo stesso di cui un anno fa si parlò circa un presunto consulto medico
(per un tumore in realtà inesistente) per Papa Francesco, poi smentito
dalla Santa Sede. Fukushima non è stato arrestato perché, spiega il
giudice, risiede negli Usa e la misura non potrebbe essere eseguita,
inoltre non potrebbe più commettere i reati contestati.
Per nove
mesi è stato invece sospeso dall’esercizio del pubblico servizio il capo
dipartimento del settore di Neuroscienze dell’Azienda ospedaliera di
Salerno Renato Saponiero, indagato di abuso d’ufficio: pur a conoscenza
di quanto accadeva nell’ospedale, è la tesi dei magistrati non avrebbe
assunto provvedimenti né disposto accertamenti. Oggi il via agli
interrogatori, tutti gli indagati potranno replicare alle accuse. Le
indagini sono condotte dalla Procura di Salerno guidata da Corrado Lembo
con i carabinieri del Reparto operativo di Salerno, coordinati dal
colonnello Giulio Pini e diretti dal maggiore Alessandro De Vico. Il
primario Brigante avrebbe effettuato prestazioni «in apparente regime
intramoenia », senza però seguirne le procedure. E soprattutto, avrebbe
chiesto denaro, tra 1.500 e 2mila euro, per operare pazienti scavalcando
le liste di attesa. «La scelta del paziente era pagare e salvarsi la
vita o anche porre fine alle sue sofferenze, oppure non pagare e correre
il rischio di morire o continuare a soffrire », scrive il giudice
Elisabetta Boccassini. In due casi è coinvolto Fukushima, che operava a
Salerno senza essere autorizzato «e al di fuori delle ordinarie liste di
attesa». Negli altri due Liberti, allievo del luminare giapponese.
Nelle prime due occasioni, ai pazienti venne chiesto il pagamento con
bonifico di 3.600 euro (l’equivalente di 5mila dollari) a titolo di
donazione a una fondazione con sede negli Stati Uniti e diretta da
Fukushima. Nelle altre due circostanze, Liberti avrebbe messo gli
ammalati dinanzi a un’alternativa: farsi operare nella clinica
“Fukushima Brain Institute” di Pisa (da non confondere con la casa di
cura San Rossore, estranea alle indagini) pagando, 60mila euro uno e
57mila l’altro, oppure presso il San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona,
pagando rispettivamente 20mila e 15mila euro con un bonifico alla
“Fukushima Brain Institute” con la causale «consulenza neurochirurgica
». Al paziente che aveva versato 15mila euro, ha raccontato la moglie,
fu raccomandato da Brigante di «mantenere il riserbo più assoluto», poi
però l’ammalato morì e i soldi furono restituiti. Il chirurgo
giapponese, si legge nell’ordinanza, era «certamente ben consapevole
delle irregolarità » e «della illiceità del denaro ottenuto ». Nel
reparto, accusa il gip, tutti i medici sapevano. Se ne era parlato in
una riunione, due medici avevano chiesto l’intervento del
capodipartimento Saponiero. Uno di loro aveva addirittura registrato un
paziente di Brigante che gli aveva parlato della richiesta di denaro del
primario. Nessuno però aveva preso provvedimenti. Ci hanno pensato i
magistrati.