Repubblica 5.4.16
Svolta pubblico impiego contratti verso il rinnovo dopo sette anni di blocco
Resta
il nodo dei tempi concessi per le alleanze tra i sindacati più piccoli
L’Istat: il potere di acquisto torna positivo per la prima volta dal
2008
di L. Gr.
ROMA. Stretta finale per disegnare
la mappa del nuovo pubblico impiego partendo dalla definizione dei
comparti, che dagli attuali 11 dovrebbero diventare 4 . Un taglio
previsto dalla riforma Brunetta del 2009, mai realizzato, ma ora
diventata essenziale per passare all’altro tavolo, quello ancor più
importate dei rinnovi contrattuali.
Gli stipendi degli statali
sono infatti fermi dal 2010 e, dopo la sentenza della Consulta - che ha
dichiarato illegittima la prosecuzione dello stop - si attende la
riapertura dei negoziati. La Legge di Stabilità ha stanziato 300 milioni
per il 2016, cifra ritenuta assolutamente insufficiente dai sindacati.
Tra pochi giorni il nuovo Documento di economia e finanza potrebbe
prevedere altre novità (il rinnovo dovrebbe essere triennale).
La
partita sui redditi, quindi, va riaperta, ma prima ancora va definito
l’accordo quadro sui comparti di contrattazione. Sindacati e Aran,
l’Agenzia che rappresenta il governo nelle trattative, ieri sono stati
tutto il giorno - dal mattino a notte inoltrata – alle prese con la
stesura del testo, che nella bozza d’ingresso risultava composto da
dodici articoli. Tra i punti fermi, la divisione del personale in
quattro settori (anche se il governo spingeva per tre): «Funzioni
centrali, Funzioni locali, Sanità e Istruzione e ricerca». Resterà
dunque esclusa la Presidenza del Consiglio, legata a regole diverse.
Questioni
non da poco, perché dal nuovo modello partirà la contrattazione
collettiva e la rappresentanza sindacale. Ad ogni comparto corrisponderà
un contratto nazionale e le relative contribuzioni-base da armonizzare a
quelle dei nuovi assunti. «Ferma rimanendo l’unicità dei contratti
collettivi - aveva indicato nei giorni scorsi il ministro Marianna Madia
- per salvaguardare «alcune professionalità » sarà possibile
un’articolazione «in parte comune» e in «una o più parti speciali o
sezioni, dirette a regolare alcuni peculiari aspetti del rapporto di
lavoro». Un’eventualità che potrebbe riguardare i settori dove si
registra la maggior parte degli accorpamenti (poteri centrali e scuola,
università e ricerca). Ancor più complessa la partita sulla
rappresentanza sindacale, visto che per sedere ai tavoli di
contrattazione del pubblico impiego occorre superare una soglia minima
del 5 per cento (tenendo conto di una media tra iscritti e voti). Le
sigle più piccole, quindi, per non scomparire dovranno riunirsi o
confluire in quelle più grandi. Ed è proprio questo il punto critico sul
quale durante la notte, la trattativa ha rischiato di arenarsi. I
sindacati di base faticano ad accettare le confluenze, Cgil, Cisl e Uil
vogliono chiudere perché la partita del contratto aspetta.
Sempre
ieri infatti, l’Istat, ha fatto notare come il potere d’acquisto abbia
ripreso fiato,mettendo a segno il primo rialzo dopo otto anni. Nel 2015
si è registrato un aumento dello 0,8 per cento, frutto di un rialzo del
reddito non scalfito dall’inflazione. Una boccata d’ossigeno per gli
italiani che non a caso hanno aumentato i consumi, lasciando fermi i
risparmi.