La Stampa 5.4.16
Parte l’indagine del fisco italiano
“Dateci la lista dei nostri evasori”
La Procura di Roma verso l’apertura di un suo fascicolo Unicredit e Ubi si difendono: agito secondo le regole
di A. Barbera E F. Spini
L’eco
mondiale dei file usciti dagli uffici panamensi della Mossack-Fonseca
ha fatto scattare l’allarme rosso in tutte le agenzie fiscali del mondo.
Ovviamente le prime a muoversi sono quelle dei Paesi liberi: negli
Stati Uniti, in Germania, Francia. In Spagna il ministro della Giustizia
è dovuto intervenire per annunciare nuove indagini contro tre simboli
nazionali: Leo Messi, Pedro Almodovar, la zia del Re Felipe. I primi
nomi apparsi sulla lista hanno costretto all’iniziativa anche
l’amministrazione italiana. Al quartier generale dell’Agenzia delle
Entrate, sulla via Cristoforo Colombo, al termine di una giornata
lunghissima la direttrice Rossella Orlandi ha fatto trapelare la
decisione: l’amministrazione chiederà conto dei nomi di tutti i
contribuenti italiani presenti nei “Panama papers”. La richiesta non è
scattata formalmente, ma già ieri pomeriggio l’ufficio relazioni
internazionali ha fatto le prime telefonate necessarie a capire come
ottenere la documentazione. Inevitabile l’apertura di un fascicolo da
parte della Procura di Roma, che però non ha ancora preso una decisione
in merito.
Montezemolo, Trulli, Dell’Utri, Rovelli, Donaldo
Nicosia. Ieri tutte o quasi le persone già chiamate in causa
nell’affaire Mossack-Fonseca hanno tenuto a precisare le proprie
posizioni. Ambienti vicini al presidente Alitalia spiegano che né «Luca
Cordero di Montezemolo, né la sua famiglia possiedono società offshore».
L’ex pilota di Formula 1 Jarno Trulli ha precisato che la “Baker
Street” nelle Seychelles «è una società dichiarata in maniera
trasparente specializzata in sviluppo immobiliare». Ma finché ci sono in
ballo i nomi di persone fisiche la questione si circoscrive ai loro
affari e interessi. Più delicate le conseguenze del coinvolgimento di
alcune banche.
Tra gli istituti nominati nei documenti riservati
compaiono Unicredit, Ubi Banca e Banca Intermobiliare, quest’ultima (da
cui giunge un «no comment») tramite l’elvetica Bim Suisse, su un conto
della quale avrebbe operato Montezemolo. Unicredit, secondo quanto
raccolto dal consorzio giornalistico Icij, fino al 2010, prima insomma
che vendesse buona parte delle sue attività lussemburghesi a Dz Bank,
avrebbe avuto rapporti d’affari con Mossack Fonseca: di mezzo ci sarebbe
stata la gestione di un’ottantina di società offshore di proprietà di
clienti. La banca ribatte che lo studio legale al centro dello scandalo
«non risulta essere un consulente fiscale della capogruppo». All’interno
della banca assicurano che le operazioni che vedono coinvolti anche i
cosiddetti Paesi «Black List» vengono gestite nel rispetto delle leggi e
delle regole della vigilanza, al punto che tutte le operazioni con
Paesi in lista nera - se originate all’interno del gruppo - devono
essere sottoposte al vaglio della capogruppo. In definitiva per la banca
dalla localizzazione dei proprie entità in paradisi fiscali non
deriverebbero benefici fiscali: se i profitti non vengono tassati
adeguatamente all’estero, lo sono in Italia. Da Ubi, che pure avrebbe
agito con la sua lussemburghese Ubi Banca International Sa, spiegano
che, contrariamente a quanto emerso - ovvero il collegamento con un
quarantina di società off shore tra Panama e Seychelles - l’istituto
«non ha società controllate in Paesi quali quelli citati e nemmeno i
nominativi indicati sono direttamente riconducibili a Ubi». Senza
escludere, al limite, «che siano state gestite operazioni dalla Banca
per conto di propri clienti» e comunque «nel rispetto della legislazione
del Granducato». Al fine di «accertare fatti e circostanze»,
l’associazione azionisti Ubi Banca e l’Adusbef hanno annunciato esposti
alle procure di Milano, Bergamo e Roma.