Repubblica 4.4.16
Banchieri, oligarchi e un musicista fidato così il nuovo zar ha nascosto 2 miliardi
La cassaforte privata degli uomini più in vista del Paese finanzia la politica e controlla gli affari. Dal gas alle ferrovie
di Nicola Lombardozzi
La
smentita, non richiesta, era partita dal Cremlino già la settimana
scorsa: «E’ in arrivo un pesante attacco mediatico nei confronti del
Presidente Putin, costruito su falsità e calunnie totalmente inventate».
Giorni di nervosismo palpabile per i fedelissimi che non si sono certo
tranquillizzati dopo le prime bordate, “gossipare” e quasi innocue,
sparate da un magazine statunitense su una presunta relazione del loro
leader con Wendi Deng, ex moglie di Rupert Murdoch. Le cannonate vere,
quelle che colpiscono tutto il clan del Cremlino e allontanano le
speranze di un miglioramento a breve dei rapporti con l’Occidente, sono
quelle dei Panama Papers pubblicati ieri, una ricostruzione dettagliata
della cassaforte privata dei veri padroni della Russia, che vede Putin
al centro di un intrigo di conti offshore per due miliardi di dollari
che alimentano ricchezze e potere. Personaggi noti, discussi ma finora
intoccabili che gravitano attorno al presidente addirittura dai tempi
della scuola nell’allora Leningrado. L’unico, relativamente, poco noto, è
Sergej Roldugin, apprezzato violoncellista del mitico teatro Marinskij
di San Pietroburgo. Le sue operazioni attraverso conti segreti ammontano
a centinaia di milioni di euro. Utilizzati per acquisire asset
nazionali di grande prestigio come quello della fabbrica di autotreni
Kamaz. Celebre per brillanti concerti privati eseguiti nella dacia
presidenziale, Roldugin presenta le caratteristiche ideali dell’uomo del
Capo.
Come quasi tutti gli altri è pietroburghese e ha un passato
nelle fila dei siloviki, i membri delle strutture di forza. Nel suo
caso c’è in più la militanza nel famigerato servizio segreto sovietico
Kgb proprio in Germania Est insieme a Putin stesso. Colleghi e amici,
tanto che proprio a Roldugin toccò fare da padrino alla primogenita di
Putin, Maria.
Gli altri sono invece già ben conosciuti e tutti
inseriti nelle liste nere di sanzioni americane ed europee scattate dopo
l’invasione della Crimea. Protagonista dei Panama Papers è certamente
Jurij Kovalcjuk, presidente della Banca Rossija con asset per 13
miliardi di euro. Kovalcjuk fa parte del gruppo della cooperativa Ozero
(lago) grazie alla quale il giovane Putin, all’inizio della sua
irresistibile ascesa, costruì un villaggio di dacie su un lago nella
vicina Carelia. Banchiere con la passione della televisione, Kovalcjuk è
considerato il banchiere personale di Putin. La Rossjia si è offerta di
risolvere i primi problemi della Crimea ed è stata ripagata con larghi
favori governativi.
Le triangolazioni sospette rivelate dai Panama
Papers portano anche alla Rcb, sussidiaria della banca di stato Vtb,
con sede a Cipro e destinata all’accumulazione offshore di capitali del
meglio dei milionari russi legati allo stesso circolo. Gruppo di amici e
soci che si alternano nei posti chiave del potere russo controllando la
vendita di gas e petrolio, le ferrovie, i lavori pubblici. Il tutto con
un tenore di vita senza troppi limiti come quello mostrato nelle feste e
nei soggiorni in località esclusive come il resort Igora in cui si è
celebrato in privato il matrimonio della seconda figlia di Putin,
Katerina. Ritornano dunque in prima pagina personaggi come Gennadij
Tymchenko o i fratelli Rotenberg sempre pronti ad aiutare
finanziariamente il Cremlino e anche a fare investimenti palesemente in
perdita pur di migliorarne l’immagine. Ulteriori smentite, dopo quelle
preventive, sono attese per le prossime ore. Prove, dicono a caldo nello
staff, non ce ne sono. Alludono al coinvolgimento diretto di Putin in
questo fiume sotterraneo di denaro. Ma il quadro di un pugno di amici
divenuti ricchi e potentissimi all’ombra del loro presidente rende tutti
sempre più nervosi.