Repubblica 3.4.16
Cosa furono davvero le crociate
risponde Corrado Augias
GENTILE
Augias, lei ha scritto nella sua rubrica del 1° aprile che «I crociati
andavano all’attacco al grido “Dio lo vuole” e la guerra l’avevano
dichiarata da soli», con ciò rispondendo al suo interlocutore secondo il
quale la guerra si fa in due. Non crede che le crociate siano state
soprattutto una controffensiva europea contro l’espansionismo islamico?
In un libro di Arrigo Petacco sull’argomento (“L’ultima crociata”) ho
letto queste frasi che trascrivo per un suo parere: «Il fenomeno
crociato deve…essere inquadrato nel suo tempo. Un tempo in cui i
Saraceni flagellavano le nostre coste nel nome di Allah incendiando i
villaggi e deportando in schiavitù intere popolazioni. Un tempo in cui
la Cristianità era in crisi, divisa fra Oriente e Occidente e minacciata
dall’irresistibile avanzata dell’Islam che già si era impadronito della
Sicilia e della Spagna». Dunque crociate come risposta o guerra
difensiva.
Alfonso De Filippi — alfonsodefilippi@libero.it
SU
che cosa siano state le numerose imprese militari che con il tempo sono
state chiamate “crociate”, i pareri degli storici sono, da sempre,
discordi. La prima, proclamata da papa Urbano II e conclusa con la
(provvisoria) conquista di Gerusalemme fu nel luglio 1099. La serie
chiude con quella definita “Decima crociata” funestata dalla sanguinosa
sconfitta dei cavalieri cristiani a san Giovanni d’Acri, 1291. C’è però
chi continua a chiamare “crociata” la vittoria nella battaglia di
Lepanto che è del 1571; ai nostri giorni, ci sono militanti della Jihad
che definiscono “crociati” i soldati delle forze che li combattono.
Sotto questo generico nome si sono mescolate troppe cose per troppo
tempo: due secoli di combattimenti, vittorie e sconfitte, tradimenti e
gesti generosi, traffici d’armi e di mercanzie, lotte per il possesso di
un porto o di un territorio, ricerca di privilegi fiscali, daziari e di
commercio; insieme a questo, anche sincera ispirazione religiosa, pietà
verso i luoghi dove Gesù era morto, lotta per la liberazione del suo
sepolcro. Quale di questi numerosi e contraddittori aspetti abbia
prevalso è difficile dire; è addirittura possibile che le crociate siano
più un mito costruito a posteriori che una realtà di cui i protagonisti
fossero pienamente consapevoli. Lo storico medievista, Christopher
Tyerman, nel suo L’invenzione delle crociate (Einaudi ed.) scrive:
«Nell’associazione tra guerra e pellegrinaggio penitenziale, indossando
il simbolo della croce, attraverso i significati reconditi di santità
legati al combattimento e al martirio, con la predicazione, la raccolta
di fondi, e le preghiere, la società cristiana trovò modo di esprimere
il proprio idealismo e di nutrire ambizioni spirituali e materiali che
furono estremamente eterogenee, spesso distanti dal mondo spirituale,
sviluppate su livelli molteplici e complessi. La società guidò le
crociate e ne determinò la forma e il destino. Certo, ci furono
istituzioni legate alle crociate, ma è difficile pensare a un
“movimento” crociato». Le prime spedizioni, conclude Tyerman, forte
della sua documentazione, furono un’invenzione dei contemporanei, il
“movimento” nel suo complesso è un’invenzione degli storici.