Repubblica 30.4.16
L’ira della madre: “Troppi silenzi chi sapeva ha preferito l’omertà”
Domenica Loffredo ora vive al nord: “voglio giustizia per la mia piccola”
intervista di Stella Cervasio
NAPOLI.
«Devono dargli l’ergastolo, come quello che sto scontando io da quando
ho perso mia figlia. Fin dal primo giorno ho sentito che me l’avevano
ammazzata. Oggi ho avuto giustizia, ma mi bastava riavere mia figlia
viva, anche se su una sedia a rotelle».
Domenica Loffredo ha il
volto di ragazza segnato da due anni di lacrime ma si muove lenta come
una persona anziana. Il 24 giugno 2014 sua figlia Fortuna, per tutti
quelli che le volevano bene “Chicca”, un angelo biondo e vivace di 6
anni, volò da un balcone del palazzo dove abitava. Non si capì neppure
da quale piano. Da allora Mimma non si dava pace, chiedeva aiuto ai
vicini per cercare testimoni, ma si scontrava con un muro di omertà. A
poche ore dall’arresto del presunto colpevole, sembra serena.
Che cosa ha pensato quando ha saputo dell’arresto?
«Che
c’è giustizia per la mia bambina. Ma purtroppo so anche nessuno è buono
in questo posto, perché nessuno ha sentito e nessuno ha parlato. A che
serve avere giustizia se la mia bambina non tornerà più? Da una parte
provo rabbia e dall’altra sono soddisfatta: chi ha ammazzato mia figlia
almeno ora ha un volto».
Un anno prima un altro bambino di quella coppia è volato dal balcone. Non nacquero dei sospetti in voi?
«Pensammo
a un incidente. Avevamo vissuto tranquillamente, come buoni vicini,
abitando nello stesso palazzo, io al sesto e lei, Marianna Fabozzi, al
settimo piano. Non c’era mai stato niente di sospetto».
Sua figlia non le aveva mai raccontato niente di ciò che accadeva in quella casa?
«Se me l’avesse detto, io come madre avrei tagliato la testa di quella donna».
Lei era in buoni rapporti anche con il suo compagno, arrestato stamattina?
«No, con lui no, non c’era nessun dialogo. Era stato molto tempo in carcere».
Lei
dice di aver sentito dal primo momento che non si era trattato di un
incidente, che sua figlia non era caduta né si era buttata, perché
sospettava di Caputo?
«C’era qualcosa che non andava in quella
casa anche se lei si mostrava amica. Soffriva di nervi, diceva di essere
depressa, affidava sempre le figlie alla madre, lei abitava da un’altra
parte con il compagno, ma veniva spesso qui».
Pensa ci sia un collegamento tra la drammatica vicenda di Fortuna e quella di Antonio Giglio, volato dal balcone un anno prima?
«Non
so dirlo, ma mi faccio tante domande. Mi devo occupare di mia figlia
adesso, però. Quella donna credo che sappia tutto. È sporca. Per me non è
una donna e non è neanche madre ».
Ora che cosa farà?
«Non
lo so. Per adesso resto qui a Caivano. Devo capire tante cose. Stanno
nascendo molte discussioni all’interno del palazzo: dopo che mia figlia è
morta, si è aperto un pozzo nero, e vengono fuori tante brutte cose. Da
lassù è lei che mi dà la forza di continuare a lottare e andare avanti
».
Lei si è trasferita in una regione del nord, pensa di tornare?
«Me
ne sono andata proprio per i miei figli, perché potessero vivere in un
posto migliore. Quando avrò finito qui, me ne vado di corsa. E do lo
stesso consiglio agli altri: ciascuno si guardi i propri figli».