Repubblica 27.4.16
Odio razziale punito solo se è pubblico “Legge stravolta”
Per introdurre l’aggravante del negazionismo depotenziato il reato di istigazione: processi a rischio
di Alberto Custodero
ROMA.
Più difficile punire chi istiga all’odio razziale secondo il nuovo
testo della legge Mancino approvato con voto bipartisan dalla
commissione Giustizia del Senato. Nonostante il testo con la modifica
porti la firma della relatrice, la dem Rosaria Capacchione (che ha
recepito un emendamento del forzista Giacomo Caliendo), è lo stesso pd a
lanciare l’allarme.
Il pasticcio politico riguarda il nuovo testo
della legge Mancino, licenziato in prima lettura dal Senato un anno fa e
in seconda dalla Camera. E che ora è tornato a Palazzo Madama per la
terza approvazione. Il ddl introduce l’aggravante della negazione della
Shoa, in un articolo, il 3 bis, in cui si parla espressamente di
“pubblica istigazione” e di “pubblico incitamento” al “negazionismo”.
La
norma in vigore oggi punisce chiunque istighi all’odio razziale anche
in posti privati (come sedi di partiti, di culto, di associazioni).
Mentre il nuovo testo prevede in un comma che anche l’istigazione al
“negazionismo” sia reato, a patto che sia commesso in luoghi pubblici.
La
polemica è scoppiata quando il testo del ddl del Senato ha esteso le
parole “pubblicamente” anche alle discriminazioni razziali nel loro
complesso. A denunciare il rischio di un «restringimento» del campo di
azione della legge Mancino è, dall’altro ramo del Parlamento, la
deputata Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia
della Camera, che se la prende col senatore Caliendo, attribuendogli la
responsabilità della modifica, e scatenando la reazione di Forza Italia.
«Non è ammissibile che non sia punibile l’istigazione all’odio razziale
commessa in luoghi privati. È un comportamento troppo grave per restare
impunito, preludio di altri reati successivi». «In un momento storico e
sociale così delicato — aggiunge Ferranti — , depotenziare la legge
Mancino è un atto politicamente incomprensibile, con il rischio che
indagini e processi in corso impostati sull’attuale tenore della norma
vengano travolti da una sostanziale depenalizzazione».
«Trovo
davvero sconcertante — dichiara il presidente dei senatori di Forza
Italia, Paolo Romani — che l’onorevole Ferranti faccia pesanti allusioni
e dietrologia a buon mercato su un emendamento del senatore Caliendo,
peraltro assorbito da quello della relatrice del Pd».
Ieri sera
s’è svolta una riunione dei democratici per trovare una quadra al
conflitto tra deputati e senatori dem. Oggi alle 13 scadrà il termine
per la presentazione degli emendamenti per la definitiva approvazione in
aula. Non è escluso che ne venga presentato uno per eliminare il
contenzioso. Il timore dei senatori, così come fu espresso in prima
lettura da Luigi Manconi (Pd), è dovuta a «quel labile confine che
separa la libertà di espressione dalla violazione dell’altrui dignità».
Insomma, il ddl, a Palazzo Madama fa paura in entrambi gli schieramenti a
chi teme l’uso del diritto penale laddove si manifestino opinioni
personali. Ma come si spiega questa spaccatura nel Pd? «Forse — spiega
Ferranti — c’è stato al nostro interno un fraintendimento
interpretativo, o non si sono valutate bene le conseguenze».