mercoledì 27 aprile 2016

il manifesto 27.4.16
Negazionismo, prove di abolizione del senato
Parlamento. Le faticose modifiche alla legge che punisce l'istigazione all'odio razziale. La camera non intende accettare l'impostazione dei senatori. Come al solito, risolve il governo. E decide lui
di Andrea Fabozzi

ROMA Il senato approva quasi all’unanimità, la camera a maggioranza modifica la legge, il senato insiste sul suo testo originario, la camera protesta e fa pressioni. Fossimo già nel nuovo regime previsto dalla riforma costituzionale, che a ottobre sarà sottoposta a referendum, non ci sarebbe storia. L’ultima parola sarà sempre quella della camera. Nell’attesa il nodo sarà sciolto con il metodo attualmente più in voga: interverrà il governo, deciderà lui.
Parliamo del delitto di negazionismo che si vuole introdurre nell’ordinamento italiano (legge Reale del ’75 modificata dalla legge Mancino del ’93) non come reato a sé ma come aggravante della discriminazione razziale, etnica o religiosa. La legge è di un solo articolo ma fatica ad andare avanti, soprattutto perché hanno fatto breccia le obiezioni di chi è contrario ai reati di opinione, in particolare le perplessità di alcuni storici che considerano un’insidia alla libertà di ricerca la risposta penale alla diffusione delle idee, anche le più aberranti. Queste preoccupazioni avevano trovato spazio nel dibattito al senato, oltre un anno fa, ed erano precipitate in un avverbio: «Pubblicamente». Vale a dire che dovevano considerarsi punibili le condotte di istigazione a commettere atti di discriminazione razziale solo se commesse in pubblico, aggravate o meno dal negazionismo «della Shoah ovvero dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra». «Si trattava di un punto di equilibrio raggiunto a fatica che aveva però consentito di mandare avanti la legge», ricorda oggi il senatore Lo Giudice del Pd. La camera, però, alla fine dell’anno scorso, aveva cancellato l’avverbio «pubblicamente» e in più aveva cercato di definire meglio i «crimini di guerra, di genocidio e contro l’umanità» ancorandoli a «sentenze passate in giudicato di organi di giustizia internazionale». Formulazione quest’ultima ritenuta troppo vaga e cancellata ieri mattina in commissione al senato. Ma, soprattutto, i senatori tutti d’accordo hanno ripristinato il «pubblicamente», che ovunque nel codice penale è considerata condizione indispensabile per punire gli atti di istigazione, come ha spiegato il senatore di Forza Italia Nitto Palma.
L’emendamento per tornare al testo del senato l’ha presentato un altro forzista, l’ex sottosegretario Caliendo, ma è stato immediatamente accolto dalla relatrice del testo, la senatrice Capacchione del Pd. Che l’ha difeso in aula, così come hanno fatto altri rappresentanti del Pd, la senatrice Amati – prima firmataria – e il senatore Lo Giudice. Il senatore Mineo di sinistra italiana ha preso l’identica posizione e anche la senatrice Mussini del gruppo misto accetta l’impostazione: «Il negazionismo se resta a livello di opinione privata è prova di stupidità, ma la stupidità non è reato».
Ieri c’è stata in aula la discussione generale, oggi ci dovrebbe essere il voto per una legge che dovrà in ogni caso tornare ancora alla camera, ma nel frattempo è intervenuta la presidente Pd della commissione giustizia della camera, Donatella Ferranti. «In un momento storico e sociale così delicato depotenziare la legge Mancino restringendone il campo di applicazione è un atto politicamente incomprensibile – ha detto -, c’è il rischio che indagini e processi in corso impostati sull’attuale tenore della norma vengano travolti da una sostanziale depenalizzazione». Del resto, ricorda Ferranti, alla camera anche Forza Italia aveva votato per cancellare dal testo la parola «pubblicamente».
La frattura, in definitiva, divide senatori e deputati, non tanto maggioranza e opposizione. E l’interventismo dei colleghi di Montecitorio non piace ai senatori, che testimoniano di frequenti pressioni da parte del capogruppo Pd della camera Rosato per indirizzare i lavori di palazzo Madama. E così anche l’aggravante di negazionismo, uno dei pochi provvedimenti di iniziativa non governativa che ha fatto qualche passo in avanti, dovrà passare per le mani del governo. «Faremo noi una proposta», ha detto ieri in commissione la sottosegretaria alla giustizia Chiavaroli. Una proposta che non si potrà rifiutare.