Repubblica 21.4.16
La classifica.
Nella graduatoria di
Reporter senza frontiere, l’Italia finisce soltanto al 77esimo posto A
penalizzarla il parametro delle aggressioni “fisiche e verbali” ai
cronisti. Soprattutto da parte delle mafie
Minacce e processi ai giornalisti ecco perché la stampa è meno libera
diu Cristina Nadotti
ROMA.
Giornalisti querelati in maniera pretestuosa, insultati e minacciati,
soprattutto dalle mafie. È per questo che l’Italia scivola al 77esimo
posto nella classifica stilata da Reporter senza frontiere sulla libertà
di stampa. Il rapporto annuale dell’organizzazione non governativa
denuncia un’informazione in pericolo in gran parte del mondo, con pochi
segnali di ottimismo e tanta preoccupazione per la crescita di conflitto
d’interessi, ideologie ostili alla libera circolazione di idee e leader
politici sempre più paranoici nei confronti del quarto potere. In
questo quadro generale , l’Italia peggiora la sua posizione rispetto al
2015, quando era 73esima, e nell’Europa dove la libertà di stampa resta
comunque un valore fondamentale si colloca tra gli ultimi, davanti
soltanto a Cipro, Grecia e Bulgaria, comunque dietro a Moldova,
Nicaragua Armenia e Lesotho.
A penalizzare l’Italia sono gli
indicatori usati dal World Press Freedom Index, che misura il livello di
libertà dei giornalisti in 180 Paesi valutando pluralismo, indipendenza
dei media, ambiente in cui si opera e autocensura, provvedimenti di
legge in materia, trasparenza, infrastrutture e abusi. Così come accade
per la nostra economia, a rallentare l’informazione sono soprattutto la
corruzione e il crimine organizzato perché, sottolinea il rapporto, «il
livello di violenza contro i giornalisti (incluse violenze verbali,
intimidazioni fisiche e minacce di morte) è allarmante ». A sostanziare
le argomentazioni di Rfs ci sono i dati di “Ossigeno per
l’informazione”, l’osservatorio promosso da Federazione della stampa e
Ordine dei giornalisti sui cronisti minacciati, e l’ultimo rapporto
della Commissione parlamentare antimafia. Dal 2006, quando Ossigeno ha
cominciato a raccogliere i dati, il numero di minacce ai cronisti è
cresciuto in maniera costante, con 2763 casi totali, di cui 528 nel 2015
e già 90 nel 2016. Le minacce più frequenti, come indicato anche da
Rsf, sono le querele per diffamazione ritenuta poi pretestuosa, gli
insulti e abusi del diritto. Ma non mancano le minacce personali (13 nel
2015) e di morte (6 casi lo scorso anno) e le 8 aggressioni gravi. I
dati italiani indicano anche che sono i giornalisti della carta stampata
a ricevere più minacce, con 119 casi nel 2015, seguiti da chi scrive
per il web (80) e per la televisione (51). Ma la situazione potrebbe
essere anche peggiore, poiché l’Osservatorio sottolinea che dietro a
ogni intimidazione documentata in Italia almeno altre dieci restano
ignote, perché le vittime non hanno la forza di renderle pubbliche. Una
forza, è l’allarme lanciato dal rapporto di Rsf che rischia di venire
meno in tutta Europa, dove a minacciare l’indipendenza dei giornalisti
c’è spesso il conflitto di interessi, visto che i gruppi editoriali sono
spesso di proprietà di imprenditori i cui affari possono essere
danneggiati da inchieste e indagini giornalistiche.