sabato 2 aprile 2016

Repubblica 2.4.16
Il premier e l’incubo comunali “Nel mirino per farci perdere”
di Tommaso Ciriaco e Alberto D’argenio

ROMA. «Vogliono inchiodarci a questa storia, la sfruttano in vista del referendum sulle trivelle e per farci perdere anche le amministrative ». Di mezzo c’è ancora un oceano, ma la rabbia di Matteo Renzi da Washington raggiunge Roma. E suona come un allarme in vista delle sfide dei prossimi mesi. Peggio di quell’intercettazione piombata nel bel mezzo della missione negli Stati Uniti, poi, c’è solo la mozione di sfiducia in arrivo. Non per i numeri, blindati dall’ingresso dei verdiniani in maggioranza, ma perché riaprirà una ferita che brucia. Per questo la strategia è obbligata: «Spegniamo subito l’incendio». Come? Alzando il tiro contro i grillini, sostituendo al più presto Federica Guidi allo Sviluppo economico. Con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, oppure con un clamoroso risiko ministeriale: dirottando Angelino Alfano in via Veneto e promuovendo Anna Finocchiaro al Viminale.
Il film dell’incidente culminato nelle dimissioni della ministra è fin troppo semplice, a dare retta alle confidenze di Renzi: «Va bene, Federica ha sbagliato, ma è stata responsabile e si è dimessa. Ora provano a trascinare dentro me, la Boschi e l’intero governo, ma questa è solo campagna elettorale». A dire il vero la prima reazione, sostenuta anche dal fidato Luca Lotti, è stata quella di ipotizzare un lungo interregno allo Sviluppo: «C’è il referendum, poi le amministrative: forse è meglio evitare di scontentare mezzo partito con una nomina. E se mi presentassi martedì prossimo al ministero per prendere l’interim?». Poche ore dopo, il premier cambia idea. «Spegnere l’incendio», appunto.
I nomi, allora. A favore della promozione di De Vincenti c’è il “modello Delrio”: come per il suo predecessore, non c’è più feeling con il premier. Resterebbe però scoperta la casella di sottosegretario alla Presidenza, alla quale potrebbe approdare un fedelissimo come Tommaso Nannicini, se non lo stesso Lotti ampliandone le deleghe. L’alternativa è quella di dirottare Alfano allo Sviluppo, aprendo le porte dell’Interno a Finocchiaro. Al leader Ncd potrebbe fare comodo avere più tempo a disposizione, soprattutto in vista delle Politiche, liberarsi dell’impopolare dossier immigrazione e di un rapporto un po’ logoro con la struttura del Viminale. E alla seconda non resterebbe che incassare una nomina governativa che le è stata promessa mesi fa dallo stesso premier.
Tuttavia resta in campo anche la soluzione interna al Pd, promuovendo la viceministra Teresa Bellanova: è vicina a Maria Elena Boschi, ma ha un dna sindacale e solide radici nella sinistra dem. Più difficile, invece, l’ingresso al governo del direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci. Renzi la stima e l’avrebbe voluta al ministero già un anno e mezzo fa, ma pesa il suo profilo tecnico, soprattutto dopo la battuta d’arresto di un “prodotto” del vivaio imprenditoriale come Guidi. Stesse perplessità che appesantiscono la corsa di Antonella Mansi (toscana, con Squinzi in Confindustria) e Diana Bracco (già in Assolombarda). E complicato sembra anche spostare Mauro Moretti da Finmeccanica a una casella che scadrà al massimo nel 2018, o coinvolgere il pm e ex assessore alla legalità di Roma Alfonso Sabella.
Il nome del successore pesa, naturalmente. Ma conta di più la controffensiva pubblica per uscire dall’angolo. La priorità è archiviare al più presto la mozione di sfiducia delle opposizioni, sfruttando le divisioni interne. «Noi presenteremo un nostro testo e certo non ne voteremo in bianco uno dei grillini», assicura il capogruppo azzurro Paolo Romani. Senza contare lo scoglio del referendum sulle trivelle. Dopo lo scandalo lucano l’attenzione sulla consultazione ha subito un’impennata. E la minoranza dem è pronta a sfruttare la vetrina della direzione di lunedì per rilanciare. «Lì annuncerò il mio sì», confida Roberto Speranza. Nessuna crociata sul caso Guidi, ma neanche carezze: «Renzi - attacca Miguel Gotor - non eluda il tema delle vischiosità di relazioni così strette».
L’ostacolo che preoccupa di più Renzi resta comunque quello delle Comunali. A consolarlo è l’ultimo sondaggio Ipsos in mano a Palazzo Chigi: la fiducia nel premier è in crescita, su di 7 punti da settembre. E un trend simile per Maria Elena Boschi: +3% negli ultimi tre mesi, a quota 30%. Sperando che basti.