Corriere 2.4.16
Caso archiviato per Palazzo Chigi ma gli avversari incalzano
di Massimo Franco
È
comprensibile liquidare come «telefonata inopportuna» quella che ha
portato alle dimissioni l’ex ministro allo Sviluppo economico Federica
Guidi. Eppure, rischia di fare apparire sproporzionata un’uscita dal
governo così repentina. Matteo Renzi se ne attribuisce il merito
parlando di «cambio dei tempi». Prima, è la tesi, non ci si dimetteva;
adesso sì. Ma non si può non vedere anche la sua esigenza di chiudere il
caso prima che assumesse contorni più imbarazzanti; e investisse il
ministro Maria Elena Boschi, bersagliata dalle opposizioni.
C’è un
evidente tasso di strumentalità, negli attacchi al ministro delle
Riforme e dei Rapporti con il Parlamento. Il fatto che la Boschi abbia
approvato l’emendamento della Guidi, dice Renzi, era «un atto dovuto».
Eppure, prevedere che il caso si sgonfi sarebbe imprudente. Si è chiuso
formalmente, ma è destinato a sprigionare altri veleni; e non tanto
sulla Guidi quanto su Palazzo Chigi. La richiesta di dimissioni che M5S,
Lega e sinistra stanno preparando fa capire che il tiro si sta
spostando sull’intero governo.
È questa dinamica a spiegare la
fretta di Renzi; e l’intenzione dei suoi avversari di tenere il caso
vivo. La volontà di far cadere il governo è pura propaganda: la mozione
di sfiducia finirà per consolidare nel breve termine la maggioranza.
L’obiettivo vero è di costringerla sulla difensiva, e logorarla. Il
premier ironizza con qualche ragione su opposizioni che ormai cercano di
sfiduciarlo a ritmo bisettimanale. C’è anche da chiedersi, però, se i
pretesti offerti dall’esecutivo ai suoi nemici non stiano diventando un
po’ troppo frequenti.
Il caso Guidi permette a chi ha indetto il
referendum di metà aprile contro le trivellazioni di additare Renzi come
capo di un «governo dei petrolieri»; e di spiegare in questa maniera
semplicistica ma suggestiva l’invito all’astensione che il capo del
governo ha fatto al Pd. Ancora, a due mesi dalle Amministrative i dem si
ritrovano con una nuova tegola che stordisce gli elettori e può portare
via voti. E le allusioni alla Boschi emerse dalle intercettazioni
aggiungono piombo nelle ali della regista delle riforme istituzionali:
riforme sulle quali in autunno ci sarà un referendum decisivo per
Palazzo Chigi.
Il ministro rivendica quanto ha fatto. «Rifirmerei
domattina» l’emendamento sul quale è scoppiato il caso, ribadisce la
Boschi. «Il mio lavoro è di portare in aula tutti gli emendamenti del
governo». Parole orgogliose, ma rischiose. La telefonata della Guidi al
fidanzato inquisito è del 2014. E diventa inevitabile chiedersi se da
allora ce ne possano essere state altre, da un qualunque ministero. Sono
dubbi alimentati anche dal Pd. «Vedo molto familismo e segnali
inquietanti», constata Gianni Cuperlo. Altri sono meno diplomatici
dell’esponente della sinistra dem .