Repubblica 1.4.16
“La Polonia vieterà l’aborto”
Annuncio
della premier. La maggioranza: “Richiamo ai principi cristiani”
L’interruzione di gravidanza punibile con pene fino a cinque anni
di Andrea Tarquini
BERLINO.
Nella cattolica Polonia l’aborto dovrà essere totalmente proibito. È la
nuova linea della maggioranza di governo nazionalconservatrice, giunta
al potere dopo aver vinto le legislative del 25 ottobre. La premier
Beata Szydlo lo ha detto in un’intervista radiofonica, schierandosi a
favore della raccolta di firme per raccogliere almeno 100mila adesioni e
chiedere una decisione del Parlamento.
Già oggi, le leggi
polacche sull’interruzione di gravidanza sono tra le più restrittive e
severe d’Europa, insieme a quelle in vigore in Irlanda e a Malta.
Attualmente se una donna richiede di abortire può farlo esclusivamente
in casi estremi: se il feto ha malattie o malformazioni gravissime o
incurabili, in caso di gravidanza causata da stupro o incesto o se la
vita della madre è in pericolo. Adesso per il governo guidato dal PiS,
il partito Legge e giustizia, il cui leader storico è Jaroslaw
Kaczynski, tali regole vanno riviste: chiunque pratica o si fa praticare
l’aborto dovrà essere punito con pene fino a 5 anni di reclusione. E
l’interruzione di gravidanza potrà essere concessa unicamente se
gravidanza e parto comportano pericoli per la vita della madre.
«È
la nostra promessa agli elettori richiamarci in tutto alle nostre
tradizioni cristiane», dicono i dirigenti del PiS e i media a loro
favorevoli. La premier Beata Szydlo ha comunque chiesto che i
legislatori del partito di maggioranza, quando si andrà al voto al Sejm
(la decisiva Camera bassa del Parlamento) decidano liberamente secondo
coscienza. Ma poi ha subito aggiunto: «Nel dibattito sull’interruzione
di gravidanza ci occorrono saggezza politica, ed è giusto ascoltare la
ragionevole voce della Conferenza episcopale polacca». Quest’ultima, che
è di fatto in rotta su tutti i grandi temi con Papa Francesco, ha
appena chiesto un divieto totale dell’aborto, «in nome della difesa
incondizionata dei diritti del nascituro».