venerdì 1 aprile 2016

Repubblica 1.4.16
Nel Brasile diviso alla fine del sogno Rousseff a un passo dall’impeachment
Tra manifestazioni di piazza e crisi economica il vice Temer è pronto a prendere il posto della presidente. La Corte suprema federale sospende l’inchiesta su Lula
di Omero Ciai

SAN PAOLO. Come sul quadrato di un ring, al vertice istituzionale del Brasile ci sono ora due nemici impegnati in una lotta alla fine della quale solo uno dei due sopravviverà. La presidente, Dilma Rousseff, che rischia l’impeachment con l’accusa di aver camuffato il deficit del bilancio statale, e il suo vice, Michel Temer, cheguida la folta truppa di deputati favorevoli alla destituzione del capo dello Stato. Dilma, che ha cancellato il viaggio a Washington dov’era attesa per il summit sulla sicurezza nucleare, non esce dal paese per evitare che Temer prenda, in sua assenza, le funzioni presidenziali. Ieri intanto la corte suprema brasiliana ha tolto al magistrato federale Sergio Moro il caso contro l’ex presidente Lula accusato di corruzione. I giudici hanno votato per mettere il processo in cui è imputato sotto la giurisdizione della Corte suprema.
LA BATTAGLIA DELLA CAMERA
Con l’uscita dalla maggioranza di governo del Pmdb, il partito centrista di Temer, è scattata la compravendita di quei deputati dei partiti minori — nel Parlamento brasiliano ci sono rappresentate 25 formazioni politiche — che possono fare la differenza nel voto sull’impeachment. Sia Temer, che ha già pronto il governo di transizione, sia Dilma, promettono incarichi a destra e a sinistra per conservare o conquistare appoggi. Per passare alla Camera, l’impeachment ha bisogno di 342 voti, i due terzi dell’aula. Per non essere destituita a Dilma servono 172 voti. Sulla carta li ha, ma molti deputati dei partiti minori che appoggiano il governo, sotto pressione per le protestecontro la presidente, vogliono votarle contro. È, per esempio, il caso dei 49 parlamentari del Pp di Paulo Maluf, politico brasiliano condannato in Francia per riciclaggio di denaro sporco, molti dei quali hanno già annunciato parere favorevole alla destituzione. Il voto della Camera sull’impeachment è previsto a metà di aprile. Se vince, Temer spera di formare un nuovo governo, nel quale chiamerà esponenti del partito più forte dell’opposizione, i socialdemocratici (Psdb) di Aecio Neves, prima dell’arrivo in Brasile della fiaccola olimpica, a metà di maggio.
È UN GOLPE CONTRO LA DEMOCRAZIA”
Per l’ex presidente Lula, che ieri ha guidato a Brasilia una delle tante manifestazione indette dal Pt (il partito dei lavoratori al governo dal 2002) “in difesa della democrazia”, l’impeachment della presidente equivale a un golpe istituzionale perché non c’è “il delitto” che, secondo la Costituzione, lo rende applicabile e legittimo. Dilma non è indagata per corruzione e le colpe di cui è accusata — ritocco del bilancio — non giustificano la richiesta di destituzione. Secondo molti costituzionalisti brasiliani, l’opposizione politica sollecitando l’impeachment confonde un regime presidenziale — com’è quello del Brasile, consacrato da un referendum popolare nel 1993 — con uno parlamentare. Anche Obama, spiegano, è in minoranza negli Stati Uniti al Congresso e al Senato, ma nessuno si sogna di destituirlo con un impeachment. Che invece era legittimo nel caso di Nixon perché aveva mentito. In un regime parlamentare il governo cade per il voto delle Camere ma in una democrazia presidenziale il capo dello Stato eletto non può essere cacciato per ragioni politiche, deve aver commesso un reato.
IL GIUDICE DELL’INCHIESTA “LAVA JATO”
Sergio Moro, il procuratore dello scandalo Petrobras, sospetta che nel corso dell’ultima campagna elettorale per la rielezione di Rousseff (ottobre 2014), siano stati usati fondi illeciti con pagamenti in nero. Ci sono assegni della Odebrecht, la più grande multinazionale brasiliana, a João Santana, lo
spin doctor della campagna di Dilma, che potrebbero essere ricondotti alle tangenti pagate da Odebrecht per ottenere commesse pubbliche. Ma anche in questo caso non c’è un coinvolgimento diretto della presidente. Più complicata invece la posizione di Lula, dopo che l’ex capogruppo del Pt al Senato, Delcídio do Amaral, lo ha chiamato in causa come il deus ex machina delle trame di corruzione scoperchiate dall’inchiesta di Moro.
Delcídio ha patteggiato con i giudici la sua confessione per avere una riduzione di pena. La nomina di Lula a ministro è stata sospesa per il sospetto che fosse un modo di concedergli l’immunità ed evitare l’arresto. Lui si difende ricordando che da mesi la presidente gli chiede di entrare nell’esecutivo per aiutarla, con il suo indiscutibile carisma nazionale, a superare la crisi economica — la recessione in Brasile è ora al -3,5% del pil — e scongiurare il processo di destituzione.
I SONDAGGI: CHI VUOLE L’IMPEACHMENT?
Secondo i sondaggi, il 63% dei brasiliani sono favorevoli alla destituzione della presidente. Solo il 10% sono contrari. Negli ultimi giorni anche la Confindustria è scesa ufficialmente in campo finanziando una campagna pubblicitaria con lo slogan
Impeachment Ya, cioè subito.
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IL PAPERO SIMBOLO
“Pagar o pato” (pagare il papero) in Brasile è il modo per dire che il popolo paga sempre il conto. Nei cortei contro Dilma il papero è già un simbolo. A San Paolo la Confindustria ne ha prodotti migliaia ma l’artista olandese Florentijn Hofman accusa: hanno usato il mio disegno senza autorizzazione