lunedì 18 aprile 2016

Repubblica 18.4.16
La crisi greca combattuta con il metodo Abramovic
Ad Atene 24 performer guidati dall’artista Marina rappresentano le ferite del loro Paese
E il pubblico trova nell’arte una terapia contro l’ansia
di Rachel Donadio

ATENE Un’artista conta ad alta voce in greco per otto ore al giorno, trasfor-mandosi in un metronomo umano. Un altro si sottopone a intensi suoni a bassa frequenza e poi ne documenta gli effetti sulla sua mente e sul suo corpo. Un terzo prende un’ascia per sgretolare un grosso masso, poi vi getta sopra della malta per ricostruirlo in un ciclo di distruzione e creazione.
Sono tre dei 24 artisti greci impegnati in lunghe performance — otto ore al giorno per sette settimane, fino al 24 aprile — al Museo Benaki di Atene. Lo spettacolo, intitolato As One, è diventato un successo in una città poco nota per le performance e ha richiamato più di 22mila visitatori nelle prime tre settimane. Le esplorazioni sul tempo, la paura, l’intrappolamento, il disagio e il controllo si sono mescolate con le emozioni di un Paese alle prese con grandi difficoltà economiche e con ondate di migranti provenienti dalla vicina Turchia. «La sensazione di essere il capro espiatorio dell’Europa appartiene alla maggior parte dei greci. In qualche modo gli artisti rispecchiano nel loro lavoro la nostra società», dice Iliana Fokianaki, critico d’arte e gallerista ad Atene.
Lo spettacolo è una collaborazione tra il Marina Abramovic Institute e Neon, un’organizzazione artistica senza fini di lucro nata ad Atene tre anni fa. Gli artisti si esibiscono anche in esercizi secondo il Metodo Abramovic, volti a migliorare la concentrazione e arricchire l’interazione umana, come il conteggio di chicchi di riso o camminare al rallentatore. Gli esercizi sono diventati una sorta di terapia di gruppo per ateniesi ansiosi.
Nella sua opera Le micropolitiche del rumore, Lambros Pigounis, 39 anni, rappresenta la ricerca militare nell’uso dei suoni come arma non letale per destabilizzare le popolazioni in situazioni di conflitto. Trascorre otto ore al giorno su una piattaforma inclinata sotto alla quale rombano degli altoparlanti. Sulle pareti, scrive ogni giorno gli effetti che sperimenta: nausea, costrizione del torace, perdita delle capacità mentali. In Grotta Bianca, la ballerina Nancy Stamatopoulou, 41 anni, trascorre gran parte della giornata in una piccola scatola bianca. Ispirandosi alla Caverna di Platone, vuole che i visitatori esaminino i modi in cui sono intrappolati nella loro vita. Ne L’angolo del Tempo, Despina Zacharopoulou, 33 anni, si lega e si scioglie con una corda e svolge una serie di rituali. I visitatori rimangono incantati.
Mike Chatzopoulos, 24 anni, giocatore di pallacanestro semiprofessionale che si sta riprendendo da un infortunio al ginocchio, dice che raramente era stato in un museo, ma di essere tornato più volte a vedere Virginia Mastrogiannaki, il metronomo umano, per sentirla contare ad alta voce, in una performance intitolata Gergo: «Ha una grande dignità».
Ventiquattro artisti sono stati scelti dopo un invito pubblico a cui hanno risposto 320 persone: sei presentano lavori di lunga durata e gli altri si esibiscono per periodi più brevi. Durante le performance, che hanno una durata di otto ore, non si concedono nessuna pausa, nemmeno per andare al bagno. Per prepararsi mentalmente, hanno partecipato a un ritiro di cinque giorni che gli imponeva di non parlare e non mangiare.
Neon, che in greco significa “nuovo”, è stata fondata nel 2013 da Dimitris Daskalopoulos, uomo d’affari e collezionista d’arte. Piuttosto che costruire un edificio, voleva investire in programmi artistici che portassero energia negli spazi esistenti ad Atene, come i siti archeologici. «Esporre le persone a nuove idee, alle sfide e alle difficoltà dell’arte contemporanea – spiega Daskalopoulos – può fermentare il cambiamento culturale di cui abbiamo bisogno perché i nostri figli non vedano di nuovo una crisi come questa».
As One è la più grande iniziativa di Neon fino ad oggi, e dà lavoro a 121 persone. Anche il Metodo è stato una grande attrazione. I visitatori si sono messi delle cuffie per isolarsi dai rumori ed eseguire una serie di esercizi — camminare al rallentatore, separare il riso dalle lenticchie, sedersi a fissare negli occhi un’altra persona.
Qualcuno ha trovato delle risonanze tra l’arte e la crisi dei rifugiati. Il quotidiano Kathimerini ha pubblicato una vignetta che raffigura il primo ministro Alexis Tsipras come “Alexis Abramovic”, seduto su una sedia di fronte a una famiglia di profughi, alludendo alla performance The Artist is Present, in cui Marina Abramovic rimase seduta, nel 2010 al MoMA di New York, di fronte a un visitatore alla volta, per un totale di 700 ore.
Alla fine di una lunga giornata, la Abramovic parla con gli artisti greci. Dice a Nancy Stamatopoulou, che trascorre gran parte della giornata raggomitolata nella sua scatola di legno, che sta dimagrendo troppo. A Thodoris Trampas, che passa la giornata a rompere e ricostruire con la malta la sua opera Pangaia, dice che dovrebbe inserire un momento di riposo nella sua performance.
L’attrice Yota Argyropoulou, che interagisce con i visitatori attraverso un vetro, racconta che una donna arrabbiata aveva stracciato un cuscino e poi si era rifiutata di lasciare la stanza. «Dopo questo fatto c’era un’energia molto strana, molto violenta – racconta – Ho cominciato a lanciare delle cose contro di lei». La Abramovic sostiene che il miglior approccio è ignorare queste persone, e aggiunge che era un peccato che il cuscino fosse sintetico: «Se fosse stato di piume avresti potuto contarle».
© The New York Times 2016 Traduzione di Luis E. Moriones