Repubblica 17.4.16
Emma Bonino
“Basta depistaggi sulla morte di Regeni Ora intervengano Europa e Stati Uniti”
Non dobbiamo rompere le relazioni diplomatiche ma spiegare ad Al Sisi che non si governa con la repressione
Sono sicuro che Renzi abbia già sensibilizzato Hollande perché anche la Francia faccia passi concreti
intervista di Vincenzo Nigro
ROMA
«IO PENSO che il governo italiano debba far diventare un caso
internazionale la crisi con l’Egitto. Sono del parere che non vada
abbandonata la via giudiziaria sul caso Regeni, ma ormai è finalmente
chiaro che c’è un “caso Egitto” più ampio. L’Europa ha il dovere di
occuparsene perché è una questione politica e di sicurezza di primo
livello nel nostro Mediterraneo. E ne dobbiamo discutere con gli Stati
Uniti».
Emma Bonino è il politico italiano che ha maggiori titoli
per parlare di Egitto: ex ministro degli Esteri, ex commissario europeo,
ha vissuto al Cairo per 4 anni dal 2001 al 2005 per imparare l’arabo ma
soprattutto per ragionare di politica egiziana.
Onorevole Bonino,
il governo Renzi si trova di fronte alla sua più importante crisi
internazionale. Il premier era stato il primo leader europeo a visitare
il Cairo e ad aprire al regime Sisi. L’Italia fino ad oggi come ha
gestito il caso Regeni?
«Non ho tutte le informazioni necessarie
sulle azioni intraprese dall’attuale governo, ma mi pare che fino ad
oggi abbia difeso con fermezza la richiesta di giustizia che con grande
dignità la famiglia Regeni ha formulato. Ma fin dall’inizio ho pensato
che la vicenda sarebbe stata lunga e assai complicata: il governo deve
attrezzarsi per una maratona, e spero che abbia già iniziato a compiere i
passi necessari».
A cosa si riferisce? A quali passi politici? La via giudiziaria di fatto si è esaurita?
«Sulla
via giudiziaria oggi molti segnali ci lasciano credere che il regime
egiziano non consentirà nessuno spazio concreto a un chiarimento per vie
legali. E tuttavia il percorso giudiziario va mantenuto aperto perché
la fragilità di questi regimi è imprevedibile: spiragli, aperture
possono rivelarsi all’improvviso. Qualcuno potrebbe parlare».
La via politica invece?
«Sono
sicura che il ministro Gentiloni avrà già fatto un primo passo, quello
di chiedere ai suoi ambasciatori presso i 27 paesi della Ue di informare
i governi alleati nel dettaglio di cosa è successo a Regeni e
soprattutto dei depistaggi messi in atto dal regime egiziano. Poi devono
essere coinvolte in maniera corretta e adeguatamente preparate le
istituzioni comunitarie: come chiediamo con l’Europea Council on Foreign
Relations ai leader europei. Un altro passo importante deve essere
fatto nella “capitale” dell’Onu per i diritti umani, che è Ginevra. La
terza capitale dopo Bruxelles e Ginevra è Washington: troveremo
attenzione e con il nostro principale alleato dovremo affrontare –
ripeto – non solo il caso Regeni ma il caso Egitto come richiesto anche
dai più autorevoli centri studi americani in una lettera aperta al
presidente Obama».
Il governo ha richiamato a Roma l’ambasciatore
Massari proprio per la mancata collaborazione giudiziaria. Ma cosa ci si
poteva aspettare di diverso?
«Un concetto generale: io credo che
nei momenti di crisi, i diplomatici vadano se possibile raddoppiati, non
ritirati. E sono spesso poco efficaci anche sanzioni simboliche, come
colpire il turismo che peraltro è già azzerato di suo. Al contrario in
Egitto il governo italiano dovrebbe rafforzare la sua ambasciata,
inviare funzionari e anche esperti della cooperazione capaci di
occuparsi della società civile egiziana e di dare sostegno a chi si
occupa di torture, di assistenza legale alle famiglie dei desaparecidos.
Noi non dobbiamo rompere le relazioni diplomatiche, dobbiamo incalzare
Sisi spiegando che la sua repressione insieme al peggioramento della
situazione economica rischia di far saltare il paese».
Oggi
intanto al Cairo arriva Hollande, pronto a vendere altre armi per un
miliardo di dollari a Sisi. La Francia non si occupa più dei diritti
umani, neppure dei suoi cittadini?
«La Francia e l’Italia insieme
si devono occuparsi dei diritti umani, in particolare in Egitto, perché
sono una parte vitale della nostra politica di sicurezza. Sono sicuro
che Renzi abbia già sensibilizzato Hollande perché faccia un passo
durante questa visita. E immagino che la Farnesina abbia impostato i
passi necessari per chiedere la totale solidarietà della Francia e di
tutti i partner sul caso sollevato dall’Italia».
Cosa pensa del regime Sisi, delle voci sui contrasti all’interno degli apparati?
«Alcuni
analisti ci dicono che il generale Al Sisi inizia a non controllare più
a dovere lo scontro fra apparati. Rimango convinta che i regimi
autoritari hanno una fragilità intrinseca che si può mostrare quasi
senza preavviso, a sorpresa. Anche per questo dobbiamo impegnarci per il
caso di Giulio Regeni e per difendere la nostra sicurezza di fronte al
possibile fallimento di questo regime ».