sabato 16 aprile 2016

Repubblica 16.4.16
Il mosaico dell’emergenza
di Stefano Folli

STRETTO fra i muri austriaci a Nord e la pressione dei migranti a Sud, il governo Renzi è chiamato a fronteggiare una crisi che ha tutte le caratteristiche per essere già oggi, o per diventare fra breve, la più seria da quando il premier è a Palazzo Chigi. Una crisi che investe, è ovvio, il rapporto con l’Europa e pone drammatici interrogativi all’Unione; ma che presenta precisi profili di politica interna su cui presto o tardi dovrà pronunciarsi il Parlamento.
È quella che si definisce emergenza continua. Emma Bonino, la più autorevole esperta europea di immigrazione, è stata chiara in un’intervista a Radio Radicale: in assenza di una strategia comune, assistiamo a «semplici mutamenti di rotta»; per cui quando la “rotta balcanica” è ostruita, ecco che le ondate dei rifugiati riprendono la via del Mediterraneo e risalgono verso le nostre coste. Senza contare, aggiunge Emma Bonino, che Frontex «ha chiuso in Libia centinaia di migliaia di disperati»: una situazione esplosiva dagli sbocchi imprevedibili. Renzi sta tentando di coinvolgere l’Europa in un programma innovativo che acceleri lo sviluppo dei Paesi del Centro e del Nord Africa, così da creare opportunità di lavoro e di vita per le masse vaganti. L’idea di un’Unione in grado di garantire dei “bond” volti a finanziare le economie di Paesi affamati o reduci da conflitti distruttivi è suggestiva. Naturalmente è solo un tassello in un mosaico più complesso. L’urgenza richiede per cominciare strumenti coordinati fra le cancellerie, sollevando in parte l’Italia dalla responsabilità di essere in prima linea. Quali siano le possibilità concrete che Bruxelles accetti il piano italiano, lo vedremo presto. Sta di fatto che il muro del Brennero, solo in parte smentito dalle autorità austriache, rischia di escludere l’Italia dal circuito europeo, lasciandola in mezzo al Mediterraneo a vedersela con l’assedio dei disperati. Uno scenario da incubo, forse troppo pessimista, la cui sola eventualità rende il tema immigrazione la priorità assoluta per il governo di centrosinistra. Una priorità in cui tutto si tiene: dal processo politico in Libia, che deve stabilizzare il Paese e contenere l’Is, al caso irrisolto del povero Regeni, dove la posta in gioco sono i rapporti con l’Egitto di Al Sisi. Non a caso il presidente Mattarella è tornato a chiedere la verità per l’orribile delitto. Ma anche qui l’Italia sembra sola. Lo ha scritto in modo esplicito il New York Times, criticando il francese Hollande che ha colto proprio questo momento per andare a stringere nuovi accordi commerciali con Il Cairo.
Se l’Europa non aiuta l’Italia sul caso Regeni, quante probabilità ci sono che si mobiliti davvero sull’emergenza dei migranti? È una domanda chiave che non riguarda solo il governo o la maggioranza, ma l’intero Parlamento. Quindi le opposizioni. Non si tratta di riaprire il sentiero della solidarietà nazionale, bensì di ammettere che la crisi coinvolge l’interesse nazionale dell’Italia. Se il governo di Roma è più forte, nel senso che viene sostenuto da un Parlamento coeso, crescono le possibilità che esso riesca a farsi ascoltare a Bruxelles.
Inutile dire che le opposizioni su questo punto cruciale sono divise. Matteo Salvini ha scelto la via dello scontro radicale: gli insulti al Capo dello Stato e gli elogi all’Austria del muro collocano la Lega su una linea estremista che spezza, anziché unire, lo stesso centrodestra. La novità è che Salvini non guadagna voti. Ne perde anzi qualcuno e in ogni caso non va oltre quella soglia del 13-14 per cento che sembra il suo limite estremo. Il risultato è che il partito berlusconiano, per quanto sfilacciato, oggi vale all’incirca quanto il Carroccio. Sull’immigrazione Berlusconi è cauto, ma esita a compiere il passo finale, dichiarandosi pronto a sostenere il governo Renzi in Europa. Presto potrebbe essere chiamato a decidere. Quanto ai Cinque Stelle, la crisi nel Mediterraneo è la prova migliore per un Beppe Grillo non più puntellato da Casaleggio. Lo è anche per il pragmatismo di Di Maio, chiamato a conquistarsi una leadership reale nel fuoco della vera battaglia politica.