La Stampa 16.4.16
Fmi in allarme su Grecia e Brexit
“Economia globale a rischio choc”
Le
conclusioni del G20: conflitti geopolitici, terrorismo e rifugiati
complicano lo scenario Draghi (Bce): l’area euro si sta gradualmente
riprendendo, ma pesano molte incertezze
di Alessandro Barbera
Memore
dei precedenti, il primo a chiedere di fare in fretta è Alexis Tsipras.
Entro luglio Atene deve restituire una tranche di prestito da 3,5
miliardi di euro. Ma ad avere più fretta di lui sono Fondo monetario e
Commissione europea. Ai piani alti delle istituzioni internazionali
temono una tempesta perfetta molto prima, in giugno, quando i cittadini
inglesi saranno chiamati a votare sì o no al referendum sull’Europa. I
sondaggi riservati danno i sì alla Brexit in lieve maggioranza. Un
vantaggio per ora colmabile, ma che potrebbe rafforzarsi con un nuovo
scontro politico sul programma di aiuti alla Grecia. «La Brexit sarebbe
uno choc per l’economia globale», ribadisce il comunicato finale del
G20. Secondo i calcoli della London School of Economics la Gran Bretagna
rischia di perdere il 22 per cento degli investimenti diretti.
«L’economia dell’area euro si sta gradualmente riprendendo, ma pesano
molte incertezze», dice Mario Draghi. Per il numero uno della Bce uno
dei grandi problemi sono i crediti deteriorati delle banche, sui quali
«è necessaria la collaborazione fra azionisti, governi, investitori e
autorità di controllo». Non lo cita esplicitamente, ma poiché più di un
quinto delle sofferenze europee sono nella pancia delle banche italiane,
somiglia molto ad una benedizione dell’accordo sul Fondo Atlante.
Oggi
in Europa non c’è però nulla di più insidioso dei rischi politici. Per
la prima volta da anni, gli economisti del Fondo monetario devono fare i
conti con variabili politiche che potrebbero stravolgere le previsioni.
Scrive la bozza del comunicato G20: «I conflitti geopolitici, il
terrorismo, la crisi dei rifugiati e i rischi legati all’uscita della
Gran Bretagna dall’Unione complicano il contesto globale». Tutto sta
nello spegnere gli incendi prima che facciano disastri. «Scongiurare la
Grexit per evitare la Brexit», spiega una fonte impegnata in prima
persona sul dossier greco.
In queste ore gli staff delle due
missioni sono riuniti a Washington, e ripartiranno per Atene all’inizio
della prossima settimana. L’obiettivo è raggiungere un accordo entro la
riunione dei ministri delle Finanze dell’area euro ad Amsterdam. Non è
detto accadrà: la Commissione, costretta a mediare con la posizione
intransigente dei tedeschi, chiede ad Atene di raggiungere un avanzo
primario del 3,5 per cento entro il 2018. Il Fondo monetario non
considera l’obiettivo realistico: «Gli sforzi fatti dai greci sin dal
2010 sono stati eccezionali», dice Poul Thomsen, capo del dipartimento
europeo e del programma greco. Avanzo primario significa sostenibilità
del debito pubblico; per Washington andrebbe ristrutturato, Berlino è
contrario a qualunque concessione. Thomsen insiste: «Servono scelte
difficili e parametri accettabili». Poiché per far scendere il debito di
Atene non basterebbe un miracolo, il Fondo ha proposto all’Europa – per
ora senza successo - di cambiare prospettiva e di passare ad un tetto
di spesa pari al 15% del prodotto interno lordo. Se i tedeschi non
accetteranno di discutere soluzioni per ridurre il peso del debito
greco, il Fondo non entrerà nel programma di aiuti. E se il Fondo
rimarrà fuori, la Commissione non avrà più la forza politica di mediare
fra colombe - Italia, Francia, Spagna - e falchi tedeschi.