La Stampa 16.4.16
Un nuovo confine al Brennero così l’Austria ritorna al passato
L’Europa
aveva cancellato la divisione tra area germanica e italiana Ora
riemerge la diffidenza verso Roma, “lassista” con gli stranieri
di Gian Enrico Rusconi
Sono
al Brennero. Un passo diventato oscuramente minaccioso. Sospeso in un
passato rimosso. Un po’ surreale nella sua apparente normalità.
Da
quando «la normalità» è diventata lo scorrere incessante di auto,
camion pesanti e treni là dove sino a non molti anni fa c’erano lunghe
fermate, controlli minuziosi, inquisizioni da parte di due polizie
nazionali.
Poi è arrivata «l’Europa», fatta anche delle piccole
libertà come il passare senza mostrare i documenti, con poliziotti
sempre più rari e dall’aria cortese.
Dai barbari agli Asburgo
Era
arrivata «l’Europa» sul confine storico più sensibile tra area
germanica e area italiana. Da dove erano passati barbari e legioni
romane, imperatori e vescovi, mercanti, banchieri, lavoratori di ogni
professione. Poi la lunghissima fase del dominio absburgico che ha
lasciato l’impronta forse più profonda pur nella storica divisione tra
Sud-Tirolo e Trentino. Con il secolo XX il Brennero diventa un fattore e
quindi un obiettivo strategico militare di primaria importanza nello
scontro tra Austria e Italia nel primo conflitto mondiale. Segue, anni
dopo, l’incontro più che simbolico tra Mussolini e Hitler che conferma
la fatale alleanza tra la Grande Germania (che ha assorbito l’Austria) e
l’Italia. Dopo la catastrofe c’è la lenta ma felice rinascita (non
fermata dal violento intermezzo del terrorismo altoatesino) coronata
alla fine dal progetto quasi realizzato dell’Euroregio, che unisce
Trentino, Alto Adige e Tirolo.
Oggi questo trend sembra
interrotto. La minaccia della ricostituzione di un confine rigido al
Brennero spezza la geografia e la storia degli ultimi anni. Il clima è
teso e sospeso su un passato recente rinnegato e un passato remoto che
sembra ritornare.
Adesso al passo del Brennero poliziotti e
funzionari austriaci fingono di non sapere nulla di quanto sta
accadendo, dei duri scambi verbali diplomatici tra Vienna e Roma, delle
polemiche di cui parlano i giornali. Ma è palpabile l’irritazione verso
gli italiani e verso chi disapprova le dichiarazioni ufficiali del
governo viennese annunciate per bloccare la massa di immigrati
provenienti dall’Italia, di cui per altro qui al momento non c’è traccia
significativa. Ma è un’attesa pesante. A trenta metri da dove giorni fa
lavoravano le ruspe per lavori preliminari di ricostituzione di nuove
strutture in vista di una ipotetica chiusura dei confini, gli
interpellati dicono di non sapere nulla. In effetti non c’è più nulla.
Sono sparite le ruspe, è stato tolto sotto i nostri occhi persino il
cartello che indicava «lavori in corso». E’ una situazione surreale.
Aria di minaccia
Ma
nell’aria si sente la minaccia. È su questo sentimento che gli
austriaci lavoreranno politicamente nei prossimi giorni, almeno sino
alle elezioni presidenziali nazionali che si terranno prossimamente.
Questa minaccia sarà l’arma con cui l’Austria si confronterà con la
Commissione europea sempre più impotente a far applicare le regole
comunitarie (a cominciare dal trattato Schengen). Il commissario Ue per
gli Affari Interni, Avramopoulos, ha dichiarato che invierà Vienna una
«lettera formale», ribadendo nel contempo il suo sostegno all’Italia con
l’operazione Frontex. Ma ho miei dubbi che questa lettera sortirà
qualche effetto.
E’ importante che torniamo ancora sull’iniziativa
dell’Euroregio, poco conosciuta in Italia, che pur nella sua
peculiarità rappresenta un’iniziativa di europeismo concreto che ora è
seriamente pregiudicata. Si tratta infatti dell’interazione
istituzionale sul piano politico, amministrativo, economico e culturale
di tre regioni vicine (Trentino, Alto Adige/Sudtirolo e Tirolo
austriaco) unite e separate in tempi diversi dalla storia e segnate
anche da ostilità, faticosamente superate.
Non credo che sia
solida l’obiezione che l’Euroregio sia soltanto un’operazione di
vertice, da parte delle classi politiche. Credo che soprattutto presso
le giovani generazioni la voglia di intesa tra queste regioni sia
autentica e attiva. Ed è bene che una volta tanto le classi dirigenti
abbiano dato l’esempio di rinunciare ad un pezzo della sovranità di cui
godevano nelle rispettive autonomie regionali e abbiano preso la
responsabilità di spingere in questa direzione gli strati di popolazione
diffidenti e dubbiosi. Ma adesso la minaccia di reintrodurre il confine
al Brennero e le ragioni stesse avanzate da Vienna per questa
operazione, hanno già dato luogo a nuovi dissidi interni alle regioni
interessate. È’ ricomparsa la mai sopita diffidenza verso «gli
italiani», questa volta per il loro lassismo verso l’immigrazione.
La scelta di Berlino
Che
cosa farà la Germania? Non è una domanda fuori luogo. È inutile negare
che Vienna conta su un atteggiamento molto comprensivo della Germania
che da parte sua trova oggettivamente vantaggiosa per sé la linea dura
austriaca. Non è chiaro sino a che punto la cancelliera Merkel sosterrà
operativamente a fondo le richieste europee, se cercherà un compromesso o
si limiterà a destreggiarsi tra le dichiarazioni di principio e la
denuncia delle inadempienze italiane nell’applicare le regole di
accoglienza dei migranti. Ma è proprio su questo punto che la confusione
europea è grande. Al Brennero boccheggia l’Europa.