venerdì 15 aprile 2016

Repubblica 15.4
Non si tratta di un affronto
di Natalia Aspesi

SU, coraggio, non è un affronto al tricolore inteso come Italia e neppure alla nostra millenaria cultura intesa come cinema. Nessun nostro film in concorso né fuori concorso al Festival ufficiale di Cannes! Forse, e non per la prima volta, meglio così. L’anno scorso furono invitati tre nostri giganti, Sorrentino, Moretti, Garrone, il meglio della nostra produzione, e nessuno si prese una Palma o una Palmetta; il che, se uno è permaloso, è quasi peggio che non essere invitati. Non ci sono neppure film cinesi o giapponesi, che di solito debordano da ogni festival, quindi non siamo i soli in castigo. I più positivi dicono che i film importanti non sono finiti oppure che i nostri produttori hanno preferito trattenerli per la Mostra di Venezia, altri che forse ci contavano tacciono elegantemente: si aspetta che qualche personalità politica che non va mai al cinema gridi all’invidia e alla superbia dei francesi; che infatti di film i concorso ne hanno quattro, di registi apprezzati come Olivier Assayas, Nicole Garcia, Bruno Dumont, già vincitore di due gran premi della giuria a Cannes e il temuto Alain Guiraudie, nel 2013 vincitore della sezione Un certain regard, con Lo sconosciuto del lago, ricco di simpatici accoppiamenti gay con delitto. L’ultimo premio a un film italiano, il Festival l’ha assegnato nel 2014 non a un venerato autore, ma alla giovane e semisconosciuta Alice Rohrwacher e al suo rustico film Le meraviglie, protagonista la sorella Alba. I brusii che alimentano il nostro mondo cinematografico avevano puntato su un altro Maestro, Marco Bellocchio, che ha terminato Fai bei sogni da un romanzo di successo di Gramellini. È seguito un fastidioso silenzio. Ma alla fine nella sezione Un certain regard, che comunque elargisce premi, è entrato Pericle il nero, storia di camorristi che piace sempre, diretto da Stefano Mordini, prodotto da Valeria Golino, protagonista Riccardo Scamarcio. E La pazza gioia di Paolo Virzì, che racconta appunto la gioia di signore pazze, si vedrà alla Quinzaine des réalisateurs. Per chi ama il cinema è importante che un festival proponga bei film anche coreani e rumeni, che magari non troverebbero altra strada per farsi conoscere. Quasi tutti quelli in concorso sono di autori che già hanno vinto a Cannes, come i belgi fratelli Dardenne, due Palme d’Oro e un gran premio della giuria, l’inglese Ken Loach e il romeno Cristian Mungiu, una Palma d’oro a testa. I nostri ex-premiati non avevano film pronti. Comunque ci saranno i beniamini delle folle colte, come gli americani Woody Allen (fuori concorso), e Jim Jarmusch, lo spagnolo Pedro Almodóvar, il sudcoreano Park Chan-Wook, quelli delle più minuscole folle dei cineavventati, come il filippino Brillante Mendoza, e l’inglese Andrea Arnold, anche loro già premiati in passato. E noi italiani, a Venezia! Si spera, non per patriottismo ma per talento.