Repubblica 15.4
Non si tratta di un affronto
di Natalia Aspesi
SU,
coraggio, non è un affronto al tricolore inteso come Italia e neppure
alla nostra millenaria cultura intesa come cinema. Nessun nostro film in
concorso né fuori concorso al Festival ufficiale di Cannes! Forse, e
non per la prima volta, meglio così. L’anno scorso furono invitati tre
nostri giganti, Sorrentino, Moretti, Garrone, il meglio della nostra
produzione, e nessuno si prese una Palma o una Palmetta; il che, se uno è
permaloso, è quasi peggio che non essere invitati. Non ci sono neppure
film cinesi o giapponesi, che di solito debordano da ogni festival,
quindi non siamo i soli in castigo. I più positivi dicono che i film
importanti non sono finiti oppure che i nostri produttori hanno
preferito trattenerli per la Mostra di Venezia, altri che forse ci
contavano tacciono elegantemente: si aspetta che qualche personalità
politica che non va mai al cinema gridi all’invidia e alla superbia dei
francesi; che infatti di film i concorso ne hanno quattro, di registi
apprezzati come Olivier Assayas, Nicole Garcia, Bruno Dumont, già
vincitore di due gran premi della giuria a Cannes e il temuto Alain
Guiraudie, nel 2013 vincitore della sezione Un certain regard, con Lo
sconosciuto del lago, ricco di simpatici accoppiamenti gay con delitto.
L’ultimo premio a un film italiano, il Festival l’ha assegnato nel 2014
non a un venerato autore, ma alla giovane e semisconosciuta Alice
Rohrwacher e al suo rustico film Le meraviglie, protagonista la sorella
Alba. I brusii che alimentano il nostro mondo cinematografico avevano
puntato su un altro Maestro, Marco Bellocchio, che ha terminato Fai bei
sogni da un romanzo di successo di Gramellini. È seguito un fastidioso
silenzio. Ma alla fine nella sezione Un certain regard, che comunque
elargisce premi, è entrato Pericle il nero, storia di camorristi che
piace sempre, diretto da Stefano Mordini, prodotto da Valeria Golino,
protagonista Riccardo Scamarcio. E La pazza gioia di Paolo Virzì, che
racconta appunto la gioia di signore pazze, si vedrà alla Quinzaine des
réalisateurs. Per chi ama il cinema è importante che un festival
proponga bei film anche coreani e rumeni, che magari non troverebbero
altra strada per farsi conoscere. Quasi tutti quelli in concorso sono di
autori che già hanno vinto a Cannes, come i belgi fratelli Dardenne,
due Palme d’Oro e un gran premio della giuria, l’inglese Ken Loach e il
romeno Cristian Mungiu, una Palma d’oro a testa. I nostri ex-premiati
non avevano film pronti. Comunque ci saranno i beniamini delle folle
colte, come gli americani Woody Allen (fuori concorso), e Jim Jarmusch,
lo spagnolo Pedro Almodóvar, il sudcoreano Park Chan-Wook, quelli delle
più minuscole folle dei cineavventati, come il filippino Brillante
Mendoza, e l’inglese Andrea Arnold, anche loro già premiati in passato. E
noi italiani, a Venezia! Si spera, non per patriottismo ma per talento.