lunedì 11 aprile 2016

Repubblica 11.4.16
Renzi fa marcia indietro: “Io nulla da nascondere mai pensato a bavagli per fermare la stampa”
Ma il ministro Enrico Costa (Ncd):
“No, la stretta va fatta subito la circolare dei pm sia legge”
intervista di Liana Milella

ROMA. «Trasformiamo in legge le circolari dei procuratori». È la proposta di Enrico Costa, oggi ministro della Famiglia, ma fino a ieri vice ministro della Giustizia. Da sempre “in lotta” con le intercettazioni, con Berlusconi è stato anche il relatore della famosa legge bavaglio.
Davigo, appena eletto al vertice dell’Anm, ha detto a Repubblica: «Non serve una legge sulle intercettazioni». Perché invece lei vuole farla?
«Mi limito a ricordare una data: 17 aprile 2007. La Camera approvò a stragrande maggioranza un testo che poi si arenò al Senato. Lo stesso accadde l’11 giugno 2009 con il ddl Alfano. Il ragionamento viene da lontano».
Il ddl Alfano? La Legge bavaglio? Ma l’esigenza viene da una classe politica di destra e di sinistra che soffre le intercettazioni perché svelano il malaffare della politica?
«Quelle che lo fanno è giusto che vengano pubblicate. Le conversazioni private, accidentalmente captate, non devono finire sui giornali. La differenza mi pare chiara».
Lei era con Berlusconi e sponsorizzava la riforma, all’epoca capestro pure per i magistrati. Ora è al governo col Pd e insiste. Quali sono le sue pezze d’appoggio?
«Nel 2013 sono stati intercettati 141mila bersagli, per una spesa superiore ai 200 milioni di euro. Si tratta di numeri ingenti che si giustificano per scoprire reati, non certo per alimentare di gossip le colonne dei giornali. Ho apprezzato molto alcune circolari emanate da procuratori come Pignatone, Spataro ed altri. Se tutti si attenessero a queste regole non ci sarebbe bisogno di una legge, ma mi pare che solo alcune procure abbiano scritto le nuove regole di comportamento».
Duecento milioni? Ben spesi se per scoprire dei delinquenti. Ma stiamo alle intercettazioni. Partiamo da Potenza. Lì c’è un signore intercettato, Gemelli, che parla con la sua compagna ministro e le fa pressioni d’ogni tipo. Perché questi testi non dovrebbero stare nelle carte dell’inchiesta e poi, una volta depositati, anche sui giornali?
«Conduco questa battaglia da talmente tanti anni che non ritengo di entrare in questioni specifiche. Si tratta di principi di buon senso e condivisi....».
Condivisi da chi, scusi?
«Le circolari delle procure dimostrano proprio questo. C’è un comune sentire e il testo pendente al Senato era apprezzato. La consultazione tra i direttori dei giornali è stata, tranne alcune eccezioni, uno stimolo costruttivo».
Lei non vuol parlare del caso Guidi, anche se la voglia di cambiare le regole sulle intercettazioni nasce sempre da un caso politico specifico, basta vedere quello di Berlusconi. Le ordinanze dei procuratori riguardano però intercettazioni da non utilizzare in quanto “irrilevanti”. Lei dove metterebbe l’asticella tra la prova di un reato e il gossip?
«Per scoprire un reato si fanno centinaia di ore di intercettazione. Anche e soprattutto su soggetti non indagati. I dialoghi che non hanno attinenza con l’inchiesta e vengono comunque mantenuti nelle carte hanno una sola funzione: creare interesse mediatico per il pettegolezzo che genera la loro pubblicazione e non c’è diffamazione che tenga».
Respinge l’ipotesi di Davigo di risolvere la questione aumentando le pene per la diffamazione?
«Utilizzare le intercettazioni a mero fine di gossip mi pare più grave di una blanda diffamazione a mezzo stampa, reato che peraltro stiamo depenalizzando».
La delega, dieci righe estremamente generiche. Il governo sarà libero di fare quello che vuole, quasi quel decreto legge che Napolitano non ha mai concesso a Berlusconi.
«È l’esatto opposto. Ci sono paletti chiari e definiti. E poi basta prendere come riferimento le circolari dei procuratori».
La prossima settimana va in aula alla Camera la legittima difesa. Insisterà per renderla ammissibile se a rischio ci sono dei bambini?
«Penso che il testo attualmente in discussione affronti una parte importante del problema, ma occorra fare un passo in più. Perché le norme vaghe e generiche favoriscono applicazioni diverse da tribunale a tribunale. Invece si deve dire chiaramente cosa è consentito e cosa non lo è. E un genitore che deve difendere la sua famiglia da un’intrusione notturna dev’essere tutelato. Penso che dopo il passaggio alla Camera andrà fatta una riflessione all’interno della maggioranza».