Repoubblica 8.4.16
Se anche l’Olanda tradisce L’Europa
ANDREA BONANNI
UNA
RISTRETTA minoranza di elettori olandesi, in un referendum consultivo,
ha detto no all’accordo di associazione Ue-Ucraina già ratificato da 27
governi e approvato dal Parlamento europeo. Risultato: i populisti
esultano, l’ultradestra trionfa, gli anti-europei cantano vittoria,
Putin si lecca i baffi. E l’Europa trema. C’è qualcosa di evidentemente
sbagliato nella fotografia di questo “day after” di un referendum
lanciato quasi per scherzo da una rivista satirica olandese. Ci sono
troppi conti che non tornano. Troppi meccanismi che chiaramente non
funzionano. Troppe logiche sovvertite. Ma c’è un’immagine più stonata di
tutte.
SEGUE A PAGINA 32
È QUELLA di un’Europa che ha
affrontato una guerra fredda con la Russia di Putin e una guerra civile
con migliaia di morti in Ucraina per difendere questo accordo di
associazione, e che ora si fa mettere in ginocchio da un pugno di
olandesi scontenti.
Al referendum olandese ha partecipato il 32
per cento degli elettori. Di questi, il 60 per cento si è pronunciato
per il no. Risultato ampiamente scontato, visto che ad andare a votare
sono stati prevalentemente quelli contrari all’accordo, e più in
generale ostili all’Europa. Si può dunque concludere che il 20 per cento
dei sedici milioni di olandesi, che sono a loro volta il tre per cento
della popolazione Ue, nutre sentimenti anti-ucraini e anti-europei. Non è
una novità. Questa percentuale è inferiore a quella dei deputati
euroscettici che siedono nel parlamento olandese, e nettamente inferiore
a quella registrata nel referendum olandese che bocciò la costituzione
europea. Anche nel Parlamento europeo, la somma dei deputati
euroscettici o decisamente anti-europei è parecchio superiore al 20 per
cento.
Il problema, dunque, non sta nel risultato della
consultazione popolare olandese. Il vero problema sta nel
malfunzionamento dei meccanismi democratici europei che si fanno
paralizzare da un’infima minoranza. Sta nell’insipienza di un governo,
quello dell’Aja, che regge la presidenza di turno della Ue e che non è
riuscito ad evitare un così clamoroso capitombolo. E soprattutto sta
nella debolezza culturale di una classe politica europea che si fa
mettere in condizione di soggezione psicologica dal ruggito del primo
topo che passa. Ed ecco che Juncker si dice «rattristato» dall’esito del
voto. Ecco che la Merkel, che si sente ormai permanentemente sulla
graticola, si fa coraggio a modo suo spiegando che «abbiamo superato
altri momenti difficili e supereremo anche questo». Ecco che Cameron
esprime la «speranza » che il voto olandese non influenzi il prossimo
voto britannico sull’uscita dalla Ue. Ecco che il presidente del
Consiglio europeo, l’ineffabile Donald Tusk, si dichiara pronto ad
aspettare quali saranno le decisioni del governo olandese.
Non è
così che dovrebbe reagire una istituzione democratica che conserva un
minimo di senso della propria missione e di orgoglio del proprio ruolo.
L’accordo di associazione Ue-Ucraina è all’origine del più grave
sconvolgimento geo-politico del continente europeo in questo secolo. Il
presidente ucraino Viktor Janukovyc, che lo aveva rifiutato, fu cacciato
dalla sollevazione popolare della “rivoluzione arancione” di piazza
Maidan. In conseguenza di quella sommossa, Putin occupò la Crimea e la
parte dell’Ucraina filo-russa fece secessione da Kiev. Ne è seguita una
guerra civile sanguinosa che solo la mediazione europea è riuscita a
contenere. E l’Europa si è trovata a dover sostenere un braccio di ferro
con Putin a base di costosissime sanzioni economiche e di un difficile
congelamento del dialogo politico. Né andrebbe dimenticato
l’abbattimento del volo MH17, con i suoi trecento morti che proprio da
Amsterdam erano decollati.
Con tutti i suoi possibili difetti,
l’accordo di associazione con Kiev andrebbe quindi difeso, come si
difende un pezzo ancora vivente e dolorante della propria storia. Anche
se è vero che, come hanno rilevato molti osservatori, il governo ucraino
non si è rivelato all’altezza delle aspettative europee. Anche se le
pretese di Kiev di entrare nell’Unione europea, abilmente sfruttate
dalla propaganda populista, sono chiaramente infondate. Anche se un
pugno di elettori olandesi, che rappresenta lo 0,6 per cento della
popolazione europea, la pensa diversamente.
Si potrà obiettare, e
con ragione, che in realtà quel venti per cento di olandesi che ha
votato “no” lo ha fatto in odio all’Europa più che all’Ucraina. E che è
questo dato politico ad allarmare Bruxelles e le altri capitali della
Ue. È vero che ormai l’Europa e il suo progetto sono quasi
quotidianamente sotto attacco da parte dei movimenti populisti. Ma se si
vuole evitare che questa serie di smottamenti diventino una valanga,
l’unica risposta da dare è ritrovare le ragioni e l’orgoglio della
scelta europeista. E il primo modo per farlo è sfatare la leggenda che
episodi come quello del referendum olandese siano «il trionfo della
democrazia», come sostengono Geert Wilders e Marine Le Pen. La
democrazia, per fortuna, è un’altra cosa e faremmo bene a non
dimenticarlo. Consentire a una sparuta minoranza di un piccolo Paese di
bloccare una decisione ratificata da governi democraticamente eletti e
confermata dal Parlamento europeo con 535 voti favorevoli e 127 contrari
sarebbe, quello sì, un affronto alle regole democratiche e
un’abdicazione dell’Europa dal proprio ruolo. E non avrebbe altro
risultato che legittimare la marea montante dell’anti-europeismo.