sabato 9 aprile 2016

La Stampa TuttoLibri 9.6.16
A inseguire fantasmi tra i matti di Grecia
Una giovane ricercatrice sbarca sull’isola di Leros nel manicomio-lager dove gli esseri umani sono relitti
di Paolo Di Paolo

C’è prima di tutto una giovane donna, Angela, che cerca di sfidare un segreto: quello che ha avvolto l’isola di Leros, Dodecaneso, e del suo manicomio-lager. Istituito nel 1959, negli anni Novanta ospitava ancora più di mille pazienti psichiatrici. Ancora nel 2010 ce n’erano trentaquattro. Per molti anni nessuno ha saputo o voluto sapere, nemmeno in Grecia. Angela invece vuole sapere, va a Leros, indaga. Simona Vinci è partita dalla suggestione delle fotografie di Antonella Pizzamiglio scattate nel 1989 e messe in mostra più tardi sotto il titolo «Leros, anche il nulla ha un nome»; è andata lei stessa più volte sull’isola, come il personaggio di Angela, ha cercato indizi - mossa da una ossessione che si svela prima per lampi e poi pienamente nell’ultima parte del romanzo, sincera, spietata, bellissima.
Vinci lavora su più piani temporali: ricuce storie diverse, reali, le ricalca, le reinventa. Testimonia, evoca, immagina. Insegue i fantasmi, le ombre di quei matti imprigionati: «Loro - scrive - sono ancora tutti lì. Sono lì quelli che ci sono morti e anche quelli che in un modo o nell’altro se ne sono andati. E tra quella schiera di fantasmi opachi che si trascinano avanti e indietro lungo il perimetro del cortile di cemento oppure su e giù per le rampe di scale con le lampadine fulminate, c’è anche lei». Lei, ovvero Angela, «la ragazza modello, la brava figlia, la sorella virtuosa, la studentessa affamata di giustizia, l’usurpatrice del nome idiota che portava, Angela! Come se gli angeli davvero esistessero, avessero le ali e preservassero le anime altrui! Ecco cos’era, un angelo: uno stronzo!». Lei, ovvero Simona, che dice di sé: «Fin da piccola sono stata sensibile alle dissonanze, mi saltavano all’occhio soprattutto i difetti: occhi strabici, voci acute o stentoree, modi di camminare, sproporzioni fisiche di ogni tipo». Lei, Simona, che mette in gioco la propria stessa «diversità» di bambina irrequieta, aggressiva, «ineducabile», che vedeva passare i «mattucchini» per le strade del suo paese natale, Budrio, e aveva una madre toccata forse anche lei dall’ombra nera della follia. Così la storia di Basil il gigante sull’isola di Leros dialoga da lontano con quella di Rosso Malpelo per le vie di Budrio, e quella di Teresa nella luce greca con la vita della donna detta Pecora piantata alla fermata della corriera: la membrana che separa le epoche è sottile, i fantasmi chiamano altri fantasmi - Lina, il poeta Stefanos, che adombra Ghiannis Ritsos (da un suo verso viene il titolo del romanzo), deportato a Leros insieme ad altri dissidenti politici negli anni dei colonnelli.
Il romanzo è avvolgente, Vinci tratta la scrittura come il poeta Stefanos/Ritsos dice che andrebbe trattata, «come un corpo delicatissimo» - macchie di colore, versi, accensioni liriche, il paesaggio greco che palpita, che parla; e una sensazione di stare come tra incubo e risveglio, o dentro un’allucinazione. L’autrice ci trascina in ciò che pareva indicibile, sfida sé stessa e trova il lessico per dire.
Nel solco di Tobino e accanto ai lavori più recenti di Riccarelli e Celestini, o alle indagini di Borgna, La prima verità spinge a fare di nuovo i conti con le grandi rimozioni collettive e individuali, con il concetto di normalità («La normalità non è da nessuna parte, mi diceva, e poi cosa vuol dire “essere normali»? Non c’è una risposta, perché è la domanda a essere sbagliata”), con il dolore sommerso, anonimo, negletto, cancellato. Con una prima e ultima verità che riguarda il destino di tutti: «A guardare ogni vita da vicino e con la dovuta attenzione, mi resi conto che si trovavano le tracce, più o meno evidenti ed estese a seconda dei casi, di depressioni, problemi dell’alimentazione, manie suicide, paranoie, nevrosi, disturbi della personalità e qualsiasi declinazione possa assumere la malattia mentale».ttori più giovani ha pubblicato «Corri, Matilda» (E.Elle) e «Matildacity» (Adnkronos Libri)