domenica 17 aprile 2016

La Stampa TuttoLibri 17.4.16
Nera e rossa, occhi socchiusi: la maschera di Lévi-Strauss
di Marco Belpoliti

La via delle maschere , è senza dubbio bella: nera e rossa, occhi socchiusi e bocca a forma di piccola O. Tuttavia non c’entra nulla con il contenuto del volume. Il testo, pubblicato nel 1979, esplora i manufatti rituali di un territorio dell’America nord-occidentale, la Columbia Britannica. Dedicato all’analisi delle maschere di quegli indiani, è un piccolo capolavoro d’indagine estetica, oltre che mitologica; nasce dalla grande passione dell’etnologo francese per gli oggetti tribali e insieme dalla frequentazione di Breton e dei surrealisti fuggiti a New York durante la Seconda guerra mondiale.
Il grafico della casa editrice milanese ha posto su questa copertina una maschera di una popolazione africana, Luba, preferendola a quelle che sono presenti all’interno del volume, come invece aveva fatto nel 1985 Einaudi, quando il libro era stato tradotto per la prima volta in italiano. Traduttore d’eccellenza: Primo Levi; aiutato dalla sorella Anna Maria, s’era sobbarcato la fatica di questo lavoro (due sono i libri di Lévi-Strauss tradotti da Levi per Einaudi).
L’antropologo l’aveva ringraziato per questa ottima impresa, quasi sgridandolo in una lettera per aver dedicato tanto tempo a tradurre i suoi libri, invece di scriverne di propri nuovi. Lévi-Strauss aveva letto in ritardo Se questo è un uomo e La tregua, e anche La chiave a stella, in cui aveva riconosciuto una forma d’antropologia del lavoro. L’autore de La via delle maschere s’interroga su come le maschere degli indiani della Colombia Britannica siano connesse ai loro miti, come funzionano in rapporto alle storie e leggende che le riguardano; il loro significato, la loro funzione, e lo stesso stile, traggono origine da una dialettica tra maschera e maschera: sistema di rinvii e riferimenti strutturali.
Le storie che l’antropologo racconta sono affascinanti: esseri mostruosi, bambini magici, rapporti incestuosi, fughe solitarie, morti e rinascite. Ma soprattutto sono straordinari gli oggetti rituali che l’hanno attratto. Negli anni Settanta Lévi-Strauss fece due viaggi appositi in quei luoghi per conoscere le tribù e i riti. La traduzione ha una fluidità notevole, e non deve essere stato facile rendere nomi e dettagli etnografici di quei popoli. Resta una domanda: perché il grafico ha combinato questo scambio così poco rituale e così poco mitico? La via delle smaschere.