La Stampa TuttoLibri 17.4.16
Eugenio Scalfari ripubblica, a 18 anni di distanza, il suo primo romanzo, intitolato
Nel labirinto di Scalfari tra Nietzsche e i girovaghi
La tribù dei Gualdo, chi vocato al pensiero, chi ai piaceri: una recita nella grande casa tra la campagna e il mare
di Lorenzo Mondo
Il
labirinto, e lo correda di un capitolo introduttivo. Dove si avverte
che egli intrattiene una speciale affezione con questo libro. Il
labirinto di cui tratta conserva appena un’aura dell’antico mito, è
interamente calato nella modernità: «non è altro che il groviglio di
contraddizioni che vivono dentro di noi, alimentano la nostra vita, la
rendono felice o infelice, danno a ciascuno di noi un destino che non
sta scritto da nessuna parte». La sua immagine è offerta nel romanzo da
una grande casa che sorge in un’ampia, solitaria distesa tra la campagna
e il mare. E’ composta da un dedalo cumulativo di stanze, ambulacri,
torrette. scantinati dove ciascuno, si direbbe, può trovare il suo bene.
E innumerevoli sono i componenti della famiglia che la abita, i Gualdo,
collocati in un momento storico che rappresenta un indifferenziato
punto del tempo: i primi anni del Novecento, la guerra russo-giapponese.
I vari personaggi, chiamati a esprimere la labirintica scomposizione
dell’Io, vengono distinti sommariamente in due schiere: i Gualdo che
sono portati all’esercizio della mente e al culto dell’introspezione, e
quelli rivolti all’esterno, che si appagano dei piaceri materiali. Essi
coltivano in modo ripetitivo, pressochè letargico, le rispettive
pulsioni. Per un momento, l’autore sembrerebbe vagheggiare una armonica
composizione tra i due comportamenti. Cortese dei Gualdo, il patriarca,
suole assumere nelle grandi occasioni abiti e posture nobiliari, salvo
confondersi con una troupe di bizzarri attori girovaghi. Ama con vigoria
i doni della vita e venera la pagana religione della Natura. Il figlio
Stefano passa invece il tempo «a discorrere con Atena», si intrattiene
assiduamente con la mente e con le sue immaginazioni. Quanto al più
irrequieto nipote Andrea, arriva a persuadersi che si esce dal labirinto
solo per entrare in un altro, ogni attimo contiene tutto il futuro e il
passato «che coincidono incontrandosi nella porta carraia del nostro
presente».
Si sarà inteso che Scalfari imbastisce un accidentato
romanzo filosofico, avvalendosi della testimonianza di molti spiriti
magni: dai poeti come Alceo, Shakespeare e Villon, ai filosofi come
Platone, Agostino e Nietzsche. Ed è quest’ultimo che sembra primeggiare
nelle riflessioni dei suoi personaggi: il filosofo dell’eterno ritorno
dell’uguale, del tempo circolare che ripete tutte le vicende del mondo.
E’
un fitto, lucido e insieme smarrito ragionare, intorno a una parca
struttura narrativa che si ricorda (aggiungiamoci anche questi) degli
scrittori «libertini» e utopistici del Settecento. Lo si avverte
specialmente nelle intraprese del giovane Andrea, che cerca di sottrarsi
all’immobile clima familiare, al destino dei Gualdo, mettendosi alla
ricerca di un altro mondo. Arriva così in un paese tecnologicamente
evoluto e severamente regolamentato, dove tutti sono divorati dalla
fretta, come impongono i dettami di un occhiuto potere: una Rete
presieduta da cinque tirannici magistrati. Al polo opposto rispetto
all’immobile esistenza dei Gualdo, l’umanità si scopre schiava e privata
della gioia di vivere. Il romanzo sembra tuttavia suggerire la
possibilità di altri strappi davanti agli interrogativi lancinanti sul
trapassare del vivere e del morire. Accade quando Andrea, invocando la
sua donna fuggitiva, denuncia l’impotente superbia dell’Io: «Soltanto Tu
e Io insieme possono fermare la cavalcata dei corpi verso il nulla».
Accade ancora quando, nelle ultime, seducenti pagine del romanzo,
troviamo Stefano che si è ritirato, ormai vecchio, in una casa
solitaria. Tiene compagnia ad un figlio disturbato di mente,
«innocente», e cerca nelle «Confessioni» di Agostino la strada di una
laica spogliazione di sè. Nell’inconcluso travaglio del vivere, sembra
palpitare un sentimento nuovo. Anche la calda, umana condivisione, e la
pietà, trovano un accesso rasserenante nel labirinto.