sabato 9 aprile 2016

La Stampa 9.4.16
No al divorzio
Anatema che risale al Concilio di Trento
di Carlo Rimini

Due lettere – a. s. (anathema sit) – hanno sancito una scomunica secolare, impresse su un foglio che ha segnato la contrapposizione fra cattolicesimo e divorzio. Una frattura che ha una data ben precisa: la notte dell’11 novembre 1563. Erano in corso i lavori di una Sessione del Concilio di Trento. A Nord delle Alpi la Chiesa protestante si avviava ad ammettere il divorzio per colpa. Fra tutti i cardinali riuniti in Concilio si consumò una battaglia furibonda.
Le cronache ufficiali dicono che fu trovata una «feconda sintesi»; quelle ufficiose che alcune sedie furono lanciate. A tarda notte fu comunque approvato un testo fondamentale per la controriforma: «Se qualcuno dirà che si può sciogliere il vincolo del matrimonio per l’adulterio di uno dei coniugi e che l’uno o l’altro possa contrarre un nuovo matrimonio e che quindi non commette adulterio colui o colei che scacciato l’adultero si sposi con un altro, costui sia scomunicato». Da cinquecento anni l’anatema risuona nella Cattedrale di San Vigilio e da lì in ogni angolo del mondo cattolico.
Prima di quella notte le vicende furono alterne. Nel 331 l’imperatore Costantino – colui a cui apparve la Croce sovrastata dalla scritta in hoc signo vinces – provò a porre un limite: «È deciso che non sia lecito alla donna, presa da insani desideri, inviare il ripudio al marito presentandolo come donnaiolo. Ma la donna può ripudiare il marito solo dimostrando che egli è un omicida o un avvelenatore o un violatore di sepolcri. Se, al di fuori di queste tre colpe, avrà ripudiato il marito, è necessario che lasci ogni cosa in casa del marito, fino allo spillone con cui lega i capelli e senza nulla lasci la casa del marito e sia deportata su un’isola». Andava meglio al marito: poteva lasciare la moglie dando prova che questa fosse un’adultera, un’avvelenatrice o una mezzana; altrimenti non si poteva risposare.
Le norme introdotte da Costantino parvero subito troppo severe. Sembra infatti che già suo nipote Giuliano l’Apostata le abbia abrogate. Il condizionale è in questo caso d’obbligo: la notizia è riportata in un testo enigmatico – Quaestiones Veteris et Novi Testamenti – che si sofferma sulle tormentate vicende del rapporto fra cristianesimo e divorzio. L’autore ha uno pseudonimo misterioso: Ambrosiaster. Si riteneva che si trattasse di Sant’Ambrogio, ma Erasmo da Rotterdam dimostrò che non poteva essere Ambrogio e così inventò lo pseudonimo.
Ordinario di diritto privato nell’Università di Milano