La Stampa 9.4.16
“Il regime del generale Al Sisi è costruito su abusi e violenza”
Nato per combattere i terroristi, ha spogliato il Paese dei diritti
di Mohammed Soliman
Nel
2010 il ministero della sicurezza egiziano guidato da Habib al Adly
strinse la morsa su tutte le classi sociali. Fino a quel momento la
borghesia egiziana era stata convinta che le violazioni dei diritti
umani commesse dalle forze di sicurezza riguardassero solo le classi
povere ritenute minacciose dai benestanti. Tutto crollò quando nel 2010
la sicurezza uccise uno di loro, l’alessandrino Khaled Said: allora i
borghesi s’identificarono con lui. La sua morte rappresentò la prova di
come la violenza del regime non si limitasse ai più miseri. Fu
l’esecuzione brutale di Khaled Said a convincere la borghesia a
partecipare alle attività rivoluzionarie contro il regime. Passarono i
giorni e l’11 febbraio 2011 il popolo depose Mubarak.
Il 3 luglio
2013 i militari egiziani rimossero l’ex presidente islamista Mohammed
Morsi, dopo i cortei oceanici guidati dalla classe media che ne chiedeva
le dimissioni. L’ex ministro della Difesa e attuale presidente Abd
El-Fattah Al-Sisi aveva chiesto agli egiziani di autorizzare l’esercito a
combattere «possibili» terroristi: la risposta fu una massiccia
mobilitazione a sostegno del suo intervento necessario. È così che il
nuovo regime ha costruito la sua legittimità sul fascismo. Questa fase
fascista unica nella storia egiziana ha inaugurato un sistema di abusi
che non ha precedenti. L’esercito ha spogliato l’Egitto dei partiti,
delle ong, dei politici e degli attivisti.
Il feroce assassinio
del ricercatore di Cambridge Giulio Regeni non è ovviamente l’unico
incidente in questo contesto. Che si accendessero i riflettori sulla sua
morte era inevitabile non tanto perché occidentale e legato
all’università di Cambridge quanto perché il regime di al Sisi ha
raggiunto l’apice delle violazioni dei diritti umani: 41 mila attivisti
sono stati incarcerati, centinaia risultano spariti forzatamente ormai
da anni, gli abusi da parte della sicurezza sono routine al Cairo. Il
giro di vite di al Sisi colpisce tutte le organizzazioni per i diritti
umani locali e internazionali che denunciano il suo regime.
Giulio
Regeni era venuto al Cairo per studiare la società civile e in
particolare i sindacati indipendenti che tanto disturbano il regime.
Regeni era venuto al Cairo mentre al Sisi manteneva relazioni solide con
il mondo occidentale e godeva di sostegno illimitato da parte del
Golfo. La morte di Giulio ha smascherato le bugie del governo egiziano
che nega ci siano prigionieri politici e attivisti scomparsi
forzatamente. La morte di Giulio ha anche svelato che al Sisi si sta
servendo della magistratura egiziana per gli interessi del suo regime.
La morte di Giulio ha spinto la sicurezza egiziana a fabbricare la
storia della banda dei cinque balordi specializzati nell’ammazzare gli
stranieri. Questi cinque presunti criminali sono stati uccisi a sangue
freddo. E’ venuto fuori poi che si trattava di egiziani innocenti
utilizzati come capro espiatorio per coprire la responsabilità di al
Sisi nell’assassinio di Giulio.
La morte di Giulio deve spingere
l’Europa a riconsiderare le sue relazioni con il regime egiziano. Al
Sisi è riuscito a ottenere armi dalla Germania e dalla Francia
nonostante le violazioni dei diritti umani abbiano oltrepassato ogni
livello.
La morte di Giulio collega la dimensione locale e quella
globale del regno di al Sisi: mette insieme l’indignazione che la storia
di Khaled Said aveva diffuso tra la classe media egiziana, quella delle
classi più umili per esecuzione dei cinque poveri egiziani innocenti
sacrificati per coprire il crimine della sicurezza e quella
internazionale per le brutali torture costate la vita al ricercatore
italiano.
Non so se la morte di Giulio farà crollare il regime di
al Sisi come quella di Khaled Said fece con Mubarak. Non so neppure se
al Sisi farà marcia indietro sui diritti umani e rilascerà i prigionieri
politici. Ma sono certo che la morte di Giulio e quella dei cinque
egiziani innocenti mobiliteranno ancora una volta la società egiziana
contro la tirannia di al Sisi.
(Testo raccolto da Francesca Paci)