La Stampa 9.4.16
Come parla il Papa
Linguaggio pop che mischia Borges, Fromm e Luther King alle scene del Pranzo di Babette
Accanto a Sant’Agostino le icone dei nostri tempi
di Massimiliano Panarari
Disintermediare
e allargare. Le chiavi della comunicazione e del linguaggio del
Pontefice sono agli antipodi del «sopire, troncare» del conte zio di
manzoniana memoria. E in un’istituzione plurimillenaria che è comunità,
ma anche gerarchia, rappresentano altresì la «mossa del cavallo» con la
quale Papa Bergoglio aggira una concezione verticistica e una serie di
filiere di potere che Oltretevere hanno creato problemi ai suoi
predecessori. «Prossimità» è, infatti, un termine molto amato da
Francesco, che ha deciso di farne un fulcro dei propri discorsi e
documenti. E dal momento che «i nomi sono conseguenti alle cose», la
scelta delle citazioni e dei riferimenti dell’Amoris laetitia appare
emblematica.
Accanto ad Agostino e Ignazio di Loyola si trovano
così gli amati scrittori sudamericani (il connazionale Jorge Luis Borges
e Octavio Paz) e un film come Il pranzo di Babette. Segni rivelatori di
un «Papa pop»: nel duplice senso della volontà di sintonizzarsi con la
cultura di massa contemporanea e dell’attenzione alla «costruzione del
consenso» popolare, perché la sua Chiesa non dà nulla per scontato e, in
un’epoca di marcata secolarizzazione e di moltiplicazione dell’offerta
di credi e misticismi postmoderni, sa di essere «contro-tempo».
Di
qui, la sua scommessa - sostenuta dalla risorsa del notevole carisma
comunicativo personale - su un aspetto fondamentale dello spirito dei
(nostri) tempi: quella disintermediazione che si traduce in alcune sue
idee e parole-forza, dall’«accessibilità» all’«autenticità»,
dall’«umiltà» alla «sincerità», e che lo porta a stabilire una
connessione sentimentale con il popolo dei fedeli, ma anche a «bucare lo
schermo» nel senso più classico (e televisivo) come pure a esplorare le
vie digitali del Signore.
Perseguendo una finalità che trova
spazio nella seconda direttrice dell’azione comunicativa (e teologica)
del Pontefice, ed è compendiata dal concetto del «dialogo»: allargare.
Tanto dentro i confini della comunità cristiana, nella direzione di
coloro che vengono esclusi da un’interpretazione molto ortodossa e
tradizionale (dagli omosessuali ai divorziati risposati) che al di
fuori, verso le altre confessioni (e pure i non credenti), con cui fare
coalition-building e stringere alleanze su determinati temi e contro i
potenziali nemici comuni (come il «gender», l’«individualismo
esasperato» o il «capitalismo selvaggio»). Di fronte ai quali Bergoglio
invoca, come in quest’ultima esortazione apostolica, le parole di Martin
Luther King, puntando appunto ad ampliare e forzare «le frontiere».