sabato 9 aprile 2016

La Stampa 9.4.16
Il governo richiama l’ambasciatore e pensa alle prossime mosse
Il rientro di Massari non è una rottura ma un gesto altamente simbolico
Nel mirino cultura e turismo
Ora Roma potrebbe congelare scambi culturali e sconsigliare viaggi in Egitto
di Francesca Schianchi

L’insoddisfazione era nell’aria già da giovedì, al termine della prima giornata di incontri. Ieri, subito dopo la fine dei colloqui, Farnesina e Palazzo Chigi sono stati avvertiti dagli inquirenti italiani: dal Cairo non sono arrivate le informazioni richieste, niente traffico delle celle telefoniche, niente video della metropolitana.
Non c’è stato, insomma, quel «cambio di marcia» nella collaborazione alle indagini richiesto alla vigilia dell’arrivo nella capitale della delegazione di magistrati egiziani.
Così, la decisione che già si era pensato di assumere in caso di fallimento dell’incontro, presa in filo diretto tra Roma (dov’era il premier Renzi) e Tokyo (dove si trova il ministro degli Esteri Gentiloni, impegnato nel G7) è stata immediatamente comunicata: il nostro ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari, è stato richiamato in Italia per consultazioni.
Un provvedimento temporaneo che non segna la rottura dei rapporti con l’Egitto, ma comunque ad alto contenuto simbolico nel linguaggio della diplomazia. L’ambasciatore partirà alla volta di Roma tra domani e dopodomani e resterà qualche settimana. Il tempo di discutere altre misure «proporzionate» da adottare, come le aveva definite il ministro Gentiloni martedì scorso in Parlamento: in base agli sviluppi della vicenda, si legge nel comunicato pubblicato sul sito dal ministero degli Esteri, «si rende necessaria una valutazione urgente delle iniziative più opportune per rilanciare l’impegno volto ad accertare la verità sul barbaro omicidio di Giulio Regeni». Verità che giurano di voler agguantare Renzi e Gentiloni («vogliamo una sola cosa: la verità su Giulio», twitta il ministro); verità richiesta a gran voce dai familiari del ricercatore friulano, che attraverso il loro avvocato esprimono «soddisfazione» per il richiamo dell’ambasciatore a Roma.
È ampio il ventaglio delle possibilità diplomatiche per fare pressione sugli egiziani. Il primo intervento potrebbe essere sugli scambi culturali: ad esempio, sconsigliare studenti e ricercatori che, come Giulio, intendano trascorrere un periodo di approfondimento in Egitto dal farlo. Oppure, sospendere temporaneamente programmi bilaterali nel settore della cultura e dell’Università. Una certa incidenza potrebbe averla anche l’eventuale decisione della Farnesina di dichiarare l’Egitto Paese «non sicuro», scoraggiando viaggi e vacanze tra Cairo piramidi e Mar Rosso. Su un altro livello, si potrebbe agire raffreddando le relazioni politiche, abbassando ad esempio il livello dei contatti (non sarebbero più nostri ministri a partecipare a eventuali incontri nel Paese, ma figure non apicali) o impedendo di viaggiare in Italia a personalità politiche egiziane. Quel che appare certo, a oggi, è che non si terrà il vertice intergovernativo tra Italia ed Egitto che pure era previsto. Appare invece più improbabile al momento il ricorso a misure commerciali come le sanzioni, che pure è un’ipotesi circolata nei giorni scorsi.
Come andare avanti per riportare sui giusti binari la collaborazione se ne discuterà nei giorni in cui l’ambasciatore Massari sarà in Italia. A meno che già il suo richiamo non convinca gli egiziani a una maggiore collaborazione. La prima reazione, ieri sera, è stata quasi piccata: «Il ministero degli Affari Esteri finora non è stato informato ufficialmente» della scelta italiana, diceva un comunicato e «delle ragioni di questo richiamo, tanto più che non c’è stato un comunicato sui risultati delle riunioni delle squadre d’inchiesta egiziana e italiana».